25 MARZO 2016
Fabbriche. Spesso le guardo dai finestrini dei treni, alle periferie delle città, e per quanto possa sembrare strano, le vecchie fabbriche si integrano perfettamente con il paesaggio, come se il tempo abbia cancellato la differenza tra distese verdi, cascine, fiumi, torrenti o montagne e abbia steso un mantello di poesia su quelle testimonianze silenziose e malinconiche. Sono fatalmente attratta da turbine, vecchie filande, reparti di stampaggio, di vulcanizzazione, rotative, e tutto ciò che la storia del lavoro operaio può raccontare attraverso vecchi capannoni lasciati ad una irriconoscente incuria, alcuni,veri gioielli di archeologia industriale, ed altri, più poveri, ma non meno pieni di storia e di storie, abbandonati a se stessi, fino al giorno in cui, inevitabilmente, verranno riconvertiti in moderni loft per amanti del genere, o abbattuti per lasciare posto alla modernità. Questo immenso patrimonio dell’umanità è da molti anni oggetto di studi per conservazione, restauro, e valorizzazione della ricchezza culturale, sociologica e antropologica che riassume almeno un secolo di storia del lavoro, tant’è che non si contano le pubblicazioni ad opera di docenti universitari in materia, associazioni per la tutela del patrimonio archeologico industriale, siti dedicati. Artisti contemporanei come Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Anselm Kiefer, hanno scelto strutture industriali dismesse per creare, esporre, viverci, per i grandi spazi che permettono alla creatività di allargarsi anche in termini di metri cubi, dove l’arte trova un suo ideale genius loci per l’elegante purezza intrinseca di luoghi dove il valore simbolico e formale si fondono. Realtà industriali un tempo protagoniste della storia economica, oggi sono tornate a nuova vita come fucine di creatività e sapere, elette a luoghi di cultura e co-protagoniste nella funzione produttiva e sociale. Tra queste, per esempio, la nuova sede milanese della Fondazione Prada all’interno della ex distilleria Società Italiana Spiriti, su progetto di Rem Koolhaas.
Ma il fascino delle fabbriche dismesse trascende dall’opera di recupero, anzi, l’abbandono aumenta lo stupore per la bellezza che trasmette l’eleganza dignitosa delle linee pulite ed essenziali, e questi mausolei del recente passato industriale attraggono gruppi di appassionati fotoamatori di tutto il mondo alla ricerca delle tracce, dell’anima.
Anna Tinti ama da sempre la fotografia, ma ha incominciato a dedicarsi agli edifici abbandonati da circa sei anni, e la ricchezza del suo portfolio prova la grande energia che mette in quello che non è un lavoro, ma una passione. Le ho fatto qualche domanda.
Cosa ti ha portato a fotografare i luoghi abbandonati?
Non so esattamente quando è nata questa passione, ho iniziato dai vecchi cascinali del Polesine e mano a mano mi sono resa conto che mi interessava il racconto di quello che resta, la testimonianza di un passato, di una vita, e la ricerca si è estesa ad ospedali, ospedali psichiatrici, alberghi, fabbriche.
Molte delle tue foto sono scattate all’estero, quali sono le tue fonti di ricerca ? Esiste una rete per lo scambio di informazioni tra appassionati del genere?
Il web aiuta molto, anche con Google maps a volte si riesce a localizzare un luogo partendo da alcuni elementi che possono fare rilevare la presenza di un edificio in abbandono, altre volte una notizia letta sul giornale, come per esempio un grosso furto di rame. Non esiste una rete per lo scambio di informazioni, un po’perché nasce una sorta di gelosia per i propri “ tesori” e soprattutto perchè mettere in rete questo tipo di informazioni significherebbe esporre questi luoghi a writers, ladri e vandali.
Quindi vi muovete in “solitudine “ ?
Certo, si preferirebbe essere soli nel momento della ricerca dello scatto, ma muoversi autonomamente è qualcosa che va assolutamente evitato per ragioni di sicurezza. Intanto le strutture sono spesso pericolanti, infatti non esistono permessi, ovviamente, e in secondo luogo perchè si rischiano incontri spiacevoli con ladri o altro. Ci si organizza con un gruppo di persone che si conoscono e che poi diventano amici strada facendo, letteralmente, perché molto spesso queste ricerche portano fuori dal territorio nazionale. Germania, Belgio, Inghilterra, ultimamente molto anche nell’ Europa dell’est, e la preparazione del viaggio, lo studio delle tappe, il viaggio stesso, diventa una preziosa ed anche divertente esperienza umana.
Ecco. Passione e cuore. Come sempre inscindibili.
MariaGrazia Pase
FOTO DI ANNA TINTI