11 LUGLIO 2017
Foto di Gianluigi Di Napoli
FAUST di Anne Imhof, Padiglione tedesco, vincitore del Leone d’Oro.
Un’ installazione potente, dura, cruda come i nostri tempi difficili, dove l’accento politico si svela attraverso un percorso vitreo in assenza di colori, che fa da palcoscenico ad una generazione che vive in una gabbia trasparente, uno spazio glaciale in cristallo e acciaio con un mondo di sopra e uno di sotto, che richiama alla metafora del controllo, del potere , in una realtà alienante dove l’individuo è costretto ad un’esistenza delimitata da tracciati invisibili.
L’opera è costruita con un pavimento in vetro che divide e sospende il piano calpestabile dal pavimento reale, in modo da creare un effetto acquario tra performers e spettatori. Sotto le lastre di vetro del pavimento-soffitto si muovono ragazzi algidi, dagli sguardi catatonici, quasi automi svuotati da ogni guizzo vitale, soggiogati alla noia di un’esistenza meccanica, ammaestrata. Nei tre spazi principali, giacigli in latex nero,strumenti di costrizione come corde, cavi elettrici con estremità metalliche a testa di cane, medicinali, liquidi. Una scenografia inquietante eppure seduttiva. Quello che accade nelle quattro ore di ciclo delle performance, è la messa in scena di serie di azioni ripetute ma mai identiche, come il toccarsi a vicenda, bruciare oggetti, spingersi contro il vetro. Canti, suoni e chitarre distorte, una Bella Ciao fischiettata, distante come un ‘eco. Una scritta: “Not Again”. Un Catwalk potentissimo che si frantuma in una composizione statica, pittorica. Alla fine, gli attori lasciano una scena vuota, dove domina fortissima una sensazione di assenza.
Un’opera emotiva, che lascia addosso un’ansia, un’oscura consapevolezza, alla quale si ribella l’indomita fierezza dell’umano in cerca di un destino che fugge dall’omologazione.
Anne Imhof : Giardini di Castello Padiglione Tedesco
Fonfamenta dell’ Arsenale, Venezia