PUNK in BRITAIN alla Galleria SOZZANI

 

                                                                                                                                 10  GIUGNO 2016

 

  • Dennis Morris, John Lydon, 1977
  • Jamie  Reid - Queen Collage 1977
  • John Tiberi, Malcolm McLaren, 1978
  • Karen Knorr & Oliver Richon, Destroy, 1977
  • Ray Stevenson, Soo Catwoman, 1976
  • Ray Stevenson, Vivienne Westwood, 1976
  • Sheila Rock, John Lydon in a Red Coat, 1978-79
  • Sheila Rock, Jordan outside of SEX, 1977
  • Simon Barker, Debbie Juvenile, 1977

 

 

Il Punk compie 40 anni. Tra le mostre e gli eventi che celebreranno  il compimento del quarto decennio di uno dei movimenti sottoculturali più sovversivi della storia moderna c’è la mostra Punk in Britain, da domani alla galleria Sozzani a Milano, con oltre 90 fotografie che documentano gli anni più significativi del Punk con i protagonisti della scena londinese, dove il Punk è nato, scaturito dalla protesta contro la depressione e il formalismo dell’Inghilterra puritana di quei tempi ed espandendosi rapidamente rivoluzionando il mondo della musica e della moda, dell’arte, e della letteratura. La maggior parte delle foto sono state scattate nel 1976 quando “I wanna be Anarchy, in the City” dei Sex Pistols segnava un’epoca e le borchie e gli strappi diventarono il segno distintivo di un nuovo modo di essere, e un fenomeno di costume che lascerà un’impronta definitiva. Punk, che originariamente significa “ da due soldi “, era la new revolution, era il grido disperato e provocatorio di una generazione incazzata.

La mostra di divide in due parti, con le foto di Simon Barker ( Six ) Dennis Morris, Sheila Rock, Ray Stevenson, Karen Knorr, Olivier Richon;  con disegni, collage e grafiche di Jamie Reid e una sezione speciale dedicata ai video e alle fotografie di John Tiberi, il tour manager dei Sex Pistols.

 

Immagini su gentile concessione di Galleria Carla Sozzani

Galleria Carla Sozzani Corso Como 10 Milano
www.galleriacarlasozzani.org

 

Benjamin Clementine – I Won’t Complein

 

                                                                                                                               26  MAGGIO 2016

 

 

Quella di Bejamin Clementine è una bella storia, una delle tante belle storie di cui è costellato il mondo della musica, dove, se la musa non è in te, non arrivi da nessuna parte. Nato a Edmonton, Londra, prima di scalare velocemente una delle vette più ambite del sound system vincendo, l’anno scorso il Mercury Prize, ha suonato per tre anni le sue note eleganti e malinconiche nella metropolitana di Parigi. Come in un film. Affascinante anche nell’aspetto, le sue potenti esibizioni  sprigionano un che di regale, quasi ultraterreno, nella raffinatezza malinconica del suo stile. Un poeta, Benjamin, uno degli artisti più interessanti degli ultimi tempi, forse del decennio.

I Won’t Complein porta in un universo di inquietudine fatta di sogni ed ombre ispirando la regia di Craig McDean e Masha Vasyukova ( Spoon Films ) con uno script che fa del video una sorta di storia surreale, una parabola visionaria che rimanda a Man Ray, Jean Cocteau, Magritte, mescolando arte, sogni, e anima.

benjaminclementine.com      

Il pezzo è stato utilizzato per il video del nuovo profumo Mr. Burberry con la regia di Steve Mc Queen.

 

https://youtu.be/Jd5Yuq_qt28

 

 

VIVIANE SASSEN

 

                                                                                                                              11  MAGGIO  2016

 

 

VIVIANE SASSEN, FOTOGRAFA CONTEMPORANEA NATA NEL 72 AD AMSTERDAM, DOVE VIVE. NEL 2008 LA SUA PRIMA MOSTRA, CURATA DA CONTRASTO, E DA ALLORA NON SI E’ PIU’ FERMATA, PREMI, COLLABORAZIONI CON LE MAGGIORI RIVISTE INTERNAZIONALI, IMPORTANTI CAMPAGNE PUBBLICITARIE PER BRAND COME MISSONI, CARVEN, BOTTEGA VENETA, per citarne qualcuna, e 12 libri all’attivo. Nelle sue fotografie si nota il gusto per la composizione grafica, quasi scultorea, la luce e i colori sono vibranti, le ombre nette, e in questa scelta espressiva, certamente, l’Africa, dove si è trasferita all‘età di due anni con i genitori, ha profondamente influenzato la sua opera e Viviane ne fotografa i suoi figli con uno sguardo diverso, intimo, dove i contrasti tra luce ed ombra rendono vivide le immagini di un continente accecante e oscuro, misterioso e ancestrale, dove nulla è concesso all’estetica, e la foto suggerisce a chi guarda di andare oltre, come per i ritratti, dove prospettive diverse suggeriscono  le diversità intrinseche in ogni persona. Le risonanze cromatiche sono la chiave di lettura che caratterizza le sue opere, dove la sperimentazione sulle geometrie e la ricerca di un parallelo  tra le arti si fondono in arte anche quando presta il suo sguardo alla moda.

 

vivianesassen.com

MGP

 

ANDY SUMMERS : mysterious barricades

 

                                                                                                                      30 MARZO  2016

 

 

 

“Music and photography are kindred spirits in that they are nonverbal arts, but handily, may have interchangeable terms”

A.SUMMERS

 

Andy Summers divenne famoso nei primi anni ottanta come chitarrista dei The Police, la rock band nata a Londra nel 1977 che complessivamente ha venduto circa 75 milioni di dischi. Negli anni ottanta dominavano la scena musicale e i media con brani  come Every Breath You Take, Roxanne, Don’t Stand So Close to Me, Every Little Thing She Does Is Magic, Invisible Sun. Dopo i Police, ha poi realizzato diversi dischi da solista, ha collaborato con numerosi artisti ed è stato in  tour in tutto il mondo. In più, ha composto colonne sonore di film e pur non abbandonando mai la sua più grande passione, la musica, Andy Summers oggi è anche un rinomato scrittore e un abile fotografo. Nel 2006, la sua autobiografia One Train Later ottenne un notevole successo e venne votata come libro dell’anno in campo musicale nel Regno Unito. Il film Can’t Stand Losing You basato sul libro vide la sua trasposizione teatrale negli Stati Uniti da parte di Cinema Libre nel marzo 2015. È disponibile anche il DVD del film, insieme al più recente CD di Andy – Metal Dog. I suoi progetti recenti comprendono l’uscita del disco “Circus Hero’ con la sua nuova band Circa Zero! Dall’aprile 2014, tour in Brasile con Rodrigo Santos e la colonna Sonora del film turco “E il circo lascia la città…”Di recente si sono tenute sue mostre fotografiche presso la Leica Gallery di Los Angeles, Paris / LA Independent Photo Show, Kunst.Licht Gallery di Shanghai, CCC Gallery di Pechino e presso la Photokina di Colonia, in Germania. Altre mostre fotografiche programmate a seguire a San Paolo in Brasile e a Rio de Janeiro per il quotidiano Globo.

Alla Leica Galerie Milano è presente con il progetto fotografico “Mysterious Barricades” ispirato all’omonimo successo musicale, che raccoglie 40 scatti in bianco e nero, immagini delicate che raccontano la vita dell’artista nella sua doppia veste di musicista e fotografo sempre in viaggio: dall’altopiano della Bolivia ai vicoli del Golden Gai di Tokyo, dalle strade di Napoli alle vedute di Shanghai. La mostra ripercorre i vari stadi di ispirazione fotografica di Summers, sempre influenzati dalla musica. Le immagini descrivono situazioni in sospensione o “in progress” che trasmettono un senso di intimità, tra il surreale e l’ambiguo, talvolta con sfumature oscure e note malinconiche che ricordano le sonorità delle sue melodie.

 “The photography I create is a visual counterpart to the music that never leaves my head […] The own act of photography is as tearing pages from a book and then reshuffling the results into a new visual syntax.”In queste parole è racchiuso il concetto di fotografia per Summers, imprescindibile dalla musica e complementare ad essa.

 

“MYSTERIOUS BARRICADES”di Andy Summers

Leica Galerie Milano – Via Mengoni, 4

Dal 22 marzo al 3 maggio 2016

Orari: lun 14.30-19.30/ mar-sab 10.30-19.30 – domenica chiuso

Ingresso gratuito

 

 

FABBRICHE

 

                                                                                                                               25 MARZO 2016

 

 

  • Industria per la produzione di alluminio a Mestre
  • Industria per la produzione di alluminio a Mestre
  • Industria per la produzione di alluminio a Mestre
  • Raro esempio di cementificio della fine dell’800 nel Nord Italia
  • Essicatoi in una  fabbrica di fibre sintetiche in funzione dagli anni ‘20 al 2003
  • Uffici amministrativi in un cotonificio
  • Industria per la produzione di biocombustibili.
  • Fabbrica di sanitari nel Nord Italia
  • Impianto elettrochimico in Centro Italia entrato in attività all’inizio del ‘900 e dismesso all’inizio degli anni ‘70
  • Industria tessile in Centro Italia
  • Industria tessile in Centro Italia
  • Torre di raffreddamento in Belgio
  • Stabilimento a Porto Marghera
  • Centrale termoelettrica in Germania
  • Fabbrica nel Verbano
  • Fabbrica nel Verbano
  • Spogliatoio in una miniera in Germania. I minatori mettevano i loro vestiti nei cestini, poi tramite una catena sollevavano i cestini fino al soffitto e assicuravano con un lucchetto la catena a dei blocchi.
  • Laminatoio di un’acciaieria


 

Fabbriche. Spesso le guardo dai finestrini dei treni, alle periferie delle città, e per quanto possa sembrare strano, le vecchie fabbriche si integrano perfettamente con il paesaggio, come se il tempo abbia cancellato la differenza tra distese verdi, cascine, fiumi, torrenti o montagne e abbia steso un mantello di poesia su quelle testimonianze silenziose e malinconiche. Sono fatalmente attratta da turbine, vecchie filande, reparti di stampaggio, di vulcanizzazione, rotative, e tutto ciò che la storia del lavoro operaio può raccontare attraverso vecchi capannoni lasciati ad una irriconoscente incuria, alcuni,veri gioielli di archeologia industriale, ed altri, più poveri, ma non meno pieni di storia e di storie, abbandonati a se stessi, fino al giorno in cui, inevitabilmente, verranno riconvertiti in moderni loft per amanti del genere, o abbattuti per lasciare posto alla modernità. Questo immenso patrimonio dell’umanità è da molti anni oggetto di studi per conservazione, restauro, e valorizzazione della ricchezza culturale, sociologica e antropologica che riassume almeno un secolo di storia del lavoro, tant’è che non si contano le pubblicazioni ad opera di docenti universitari in materia, associazioni per la tutela del patrimonio archeologico industriale, siti dedicati. Artisti contemporanei come Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Anselm Kiefer, hanno scelto strutture industriali dismesse per creare, esporre, viverci, per i grandi spazi che permettono alla creatività di allargarsi anche in termini di metri cubi, dove l’arte trova un suo ideale genius loci per l’elegante purezza intrinseca di luoghi dove il valore simbolico e formale si fondono. Realtà industriali un tempo protagoniste della storia economica, oggi sono tornate a nuova vita come fucine di creatività e sapere, elette a luoghi di cultura e co-protagoniste nella funzione produttiva e sociale. Tra queste, per esempio, la nuova sede milanese della Fondazione Prada all’interno della ex distilleria Società Italiana Spiriti, su progetto di Rem Koolhaas.

Ma il fascino delle fabbriche dismesse trascende dall’opera di recupero, anzi, l’abbandono aumenta lo stupore per la bellezza che trasmette l’eleganza dignitosa delle linee pulite ed essenziali, e questi mausolei del recente passato industriale attraggono gruppi di appassionati fotoamatori di tutto il mondo alla ricerca delle tracce, dell’anima.

Anna Tinti ama da sempre la fotografia, ma ha incominciato a dedicarsi agli edifici abbandonati da circa sei anni, e la ricchezza del suo portfolio prova la grande energia che mette in quello che non è un lavoro, ma una passione. Le ho fatto qualche domanda.

Cosa ti ha portato a fotografare i luoghi abbandonati?

Non so esattamente quando è nata questa passione, ho iniziato dai vecchi cascinali del Polesine e mano a mano mi sono resa conto che mi interessava il racconto di quello che resta, la testimonianza di un passato, di una vita, e la ricerca si è estesa ad ospedali, ospedali psichiatrici, alberghi, fabbriche.

Molte delle tue foto sono scattate all’estero, quali sono le tue fonti di ricerca ? Esiste una rete per lo scambio di informazioni tra appassionati del genere?

Il web aiuta molto, anche con Google maps a volte si riesce a localizzare un luogo partendo da alcuni elementi che possono fare rilevare la presenza di un edificio in abbandono, altre volte una notizia letta sul giornale, come per esempio un grosso furto di rame. Non esiste una rete per lo scambio di informazioni, un po’perché nasce una sorta di gelosia per i propri “ tesori” e soprattutto perchè  mettere in rete questo tipo di informazioni significherebbe esporre questi luoghi a writers, ladri e vandali.

Quindi vi muovete in “solitudine “ ?

Certo, si preferirebbe essere soli nel momento della ricerca dello scatto, ma muoversi autonomamente è qualcosa che va assolutamente evitato per ragioni di sicurezza. Intanto le strutture sono spesso pericolanti, infatti non esistono permessi, ovviamente, e in secondo luogo perchè si rischiano incontri spiacevoli con ladri o altro. Ci si organizza con un gruppo di persone che si conoscono e che poi diventano amici strada facendo, letteralmente, perché molto spesso queste ricerche portano fuori dal territorio nazionale. Germania, Belgio, Inghilterra, ultimamente molto anche nell’ Europa dell’est, e la preparazione del viaggio, lo studio delle tappe, il viaggio stesso, diventa una preziosa ed anche divertente esperienza umana.

Ecco. Passione e cuore. Come sempre inscindibili.

 

MariaGrazia Pase

 

FOTO DI  ANNA TINTI

 

 

NEW ORDER- SINGULARITY

 

                                                                                                                                4 MARZO 2016

 

 

 

 

 

ALMAGUL MENLIBAYEVA

 

 

                                                                                                                            1 MARZO 2016

 

 

 

 

ALMAGUL MENLIBAYEVA E’ UN’ARTISTA CONTEMPORANEA DI FAMA INTERNAZIONALE NATA IN KAZAKISTAN,CHE DELLA SUA TERRA RACCONTA L’INCANTO E L’INFERNO ATTRAVERSO PERFORMANCE, PITTURA, GRAFICA, INSTALLAZIONI, VIDEO, E FOTOGRAFIA. La sua arte si ispira a dialoghi non verbali tra mondi, culture ed epoche, e al ruolo delle donne nelle culture presovietica, preislamica, sciamanica e derviscia,e,nel nostro mondo votato al raziocinio e alla tecnologia,fa rivivere i valori della natura e della spiritualità con performance cariche di un certo antropomorfismo mistico” che non assomigliano  a nient’altro, soprattutto per il suo annodarsi in modo radicale alla cultura sufi e a quella dei popoli delle steppe. Le sue opere si muovono intorno alla donna kazaka liberata dal ruolo imposto dalla strumentalizzazione politica che all’epoca del comunismo sovietico ne aveva scolpito l’immagine di lavoratrice instancabile e disciplinata,e che ora,in cerca di una nuova, propria identità, libera dal controllo e dall’oppressione patriarcale, dà nuova vita allo sciamanesimo tradizionale e, con esso, alla nudità femminile, prima proibiti dal regime. Per Almagul l’arte è amore…” mi piace lavorare nella natura con corpi nudi. Lì diventano una parte del paesaggio”.  

Almagul Menlibayeva ha presentato le sue opere in mostre personali e collettive in numerose sedi espositive, tra cui il Philadelphia Museum of Art, il padiglione dell’Asia centrale alla LII Biennale di Venezia, i Rencontres Internationales organizzati dal Centre Pompidou di Parigi, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid, il KW Institute for Contemporary Art di Berlino, lo ZKM Center for Art and Media di Karlsruhe e la Biennale di Sydney.Vive e lavora tra  Amsterdam e Berlino.

 

 

GIOVANI REGISTI CERCASI

 

FILM : "SALO' O LE 120 GIORNATE DI SODOMA" DI PIER PAOLO PASOLINI

          

 

                                                                                                                        18 FEBBRAIO 2016

 

I LOVE GAI – Giovani Autori Italiani nasce da un’iniziativa SIAE in collaborazione con Lightbox. Il concorso è dedicato ai giovani autori e registi italiani sotto i quarant’anni, ed è aperto a opere di qualunque formato e genere con una durata massima di 30′, create dopo il primo gennaio 2015. Le proiezioni dei corti in concorso si terranno a Venezia, durante la 73. Mostra del Cinema e verranno giudicati da una giuria internazionale.

LE ISCRIZIONI SONO APERTE FINO AL 30 APRILE 2016
Per maggiori informazioni: info@ilovegai.com
Segreteria Organizzativa
info@ilovegai.com
+ 39 041 2411265

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THIS IS ME NOT BEING YOU

 

 

                                                                                                                        15 FEBBRAIO 2016

 

  • Marie Zucker
  • Jai Odell
  • Paolo Zerbini
  • Winter Vandenbrink
  • Kiki Xue
  • Felix Cooper
  • Dafy Hagai

 

E’ AL SUPERSTUDIO13 DI MILANO, DOVE I PIU’ GRANDI PROFESSIONISTI DEL FASHION SYSTEM HANNO CREATO CAMPAGNE ED EDITORIALI CHE HANNO LASCIATO UN BEL PO’ DI SEGNI NELLA STORIA DELLA FOTOGRAFIA DI MODA, CHE NEL MEZZO DELLA FASHION WEEK MILANESE SI TERRA’ LA MOSTRA EVENTO  CURATA DA  Micaela Flenda THIS IS ME NOT BEING YOU, volta ad indagare le sfaccettature della fotografia di moda contemporanea: 7 giovani talenti internazionali, molti dei quali esposti per la prima volta in Italia, si confronteranno sul tema del significato dell’immagine di moda oggi. Il titolo trae ispirazione dal testo di una celebre canzone della band punk rock NOFX, Philty Phi Philantropist, tributo al desiderio di indipendenza e insurrezione adolescenziali. Il progetto,nato dall’esperienza del confronto diretto con fotografi e professionisti del fashion system, diventa il tramite per creare un luogo di incontro e di ricerca, in cui giovani talenti under 35, nazionali ed internazionali, possano esporre i propri lavori a un pubblico specializzato di esperti di moda,collezionisti e curiosi della fotografia contemporanea. Gli elementi che definiscono il taglio editoriale del progetto sono la ricerca di fotografi di estremo talento, capaci di raccontare la propria visione estetica attraverso un linguaggio sempre più d’avanguardia e di rottura e la profonda necessità di superare l’iconografia dei soggetti “abito e modella” descrivendo in questo modo temi più introspettivi come l’identità, il riconoscimento e la rappresentazione spesso cacofonica dell’idea di Bellezza, introducendo così una novità rispetto al modo di percepire e immaginare la fotografia di moda classica, per  riflettere sull’importanza sempre maggiore di un inedito e innovativo modo di usare il linguaggio della fotografia di moda, sempre più intimo e rivoluzionario, spesso dal sapore reportagistico e altre volte dissacrante: vasta fucina di energia creativa e specchio di una cultura contemporanea che vive i contradditori e violenti mutamenti sociali. Quindi non solo fotografia di moda come espressione di tendenze e stile della contemporaneità ma anche e soprattutto voce di una generazione di giovani che all’interno di un contesto storico di crisi e trasformazione (o svalutazione?) dei valori cerca una nuova identità indefinita e non categorizzante, fluida e in evoluzione.

“Instagram è stata una delle fonti di ricerca più grande”, afferma la curatrice Micaela Flenda, “la maggior parte dei fotografi coinvolti in questa prima mostra li ho conosciuti esattamente attraverso il social network. Dopo aver aperto il mio profilo, ho iniziato a seguire soprattutto magazine di moda e talent agencies e da lì, in poco tempo, ho scoperto moltissimi talenti”.

This Is Me Not Being You si propone nel futuro di diventare il punto di riferimento in cui giovani fotografi di moda possano esporre le proprie ricerche personali.L’obiettivo è quello di organizzare ogni anno, durante la settimana della moda femminile di Milano, una mostra collettiva che affronterà diverse tematiche, sperimentando location e allestimenti sempre nuovi.

 35 fotografie raccontano

FELIX COOPER 1988 – Regno Unito

Tra sensazioni surrealiste e ironici giochi sul tema del doppio e dell’identità, i lavori proposti in questa sua prima mostra ricompongono con freschezza e irriverenza la fotografia di studio.Inizia la sua carriera giovanissimo a Londra e il suo estremo talento viene riconosciuto subito da Carine Rotfield con la quale inizia una fitta collaborazione per CR FashionBook. Tra i suoi editoriali troviamo Dazed & Confused, Harper’s Bazaar US, Vogue Giappone, Bon Magazine, Numero Tokyo, Novembre Magazine, GQ Style Cina,Wonderland Magazine. (www.felixcooper.com)

DAFY HAGAI 1985 – Israele

In un’atmosfera candida e nostalgica di colori pastello la sua fotografia racconta la vita delle ragazze israeliane al di là di ogni stereotipo.Nel 2014 esce il suo primo libro fotografico Israeli Girls e nello stesso anno collabora al libro Babe con il collettivo artistico femminile The Ardorous curato da Petra Collins, definito dal New York Times uno dei libri di fotografia più belli usciti nel 2015. A oggi Dafy Hagai espone presso il MOMA PS1 di New York e il MOCA di Los Angeles. I magazine per i quali lavora sono: Vogue, i-D, Dazed and Confused, Vice, Oyster, L’Officiel. (www.dafyhagai.com)

JAI ODELL1980 – Australia

Ritratti in bianco e nero ruvidi e psichedelici reinterpretano i parametri di bellezza in una serie d’immagini crude e taglienti, dal sapore underground, leggero e malinconico allo stesso tempo.Trasferitosi a New York inizia la sua carriera come assistente di Steven Klein e poi di Steven Meisel. Dopo qualche tempo si trasferisce a Londra dove collabora con David Sims fino a quando arriva il momento in cui decolla la sua carriera di fotografo di moda. Tra i suoi clienti: Vogue Uk, Dazed & Confused, i-D, Hero and Heroine Magazine,Interview, Teen Vogue, V magazine, Out of Order, The Last Magazine.(www.jaiodell.com)

WINTER VANDENBRINK 1980 – Olanda

Le immagini in mostra di Winter Vandenbrink raccontano l’anima ribelle dei teenager europei. Mossi dall’esigenza di appartenere e omologarsi al proprio gruppo sociale, queste giovani reclute girano per le strade delle grandi capitali, da Londra a Madrid, da Milano ad Amsterdam, come guerrieri in addestramento. Dopo aver finito gli studi presso la Royal  Academy of Fine Arts a Hague in Olanda si trasferisce a Londra e inizia la sua carriera di fotografo di moda e reportage. Lavora a stretto contatto con grandi magazine come: i-D, Wonderland, Roller Coaster ed è inoltre curatore della rivista indipendente C.O.D (Collection od Documentaries). (www.wintervandenbrink.com)

KIKI XUE 1987 – Cina

Stile quasi pittorico e giochi di chiaro scuri, Kiki Xue è capace di unire l’atmosfera della pittura rinascimentale europea con un’estetica tutta orientale. Kiki partecipa al programma PhotoVogue per tre anni consecutivi e viene nominato ‘miglior autore’ nell’edizione finale: 45 Frames From PhotoVogue, Milano, 2015, Leica Galerie A Glimpse At PhotoVogue, Milano, 2012/2013, Galleria Carla Sozzani Kiki vive a Parigi e collabora correntemente con riviste come Vogue Gioiello, L’Officiel Italia, Flair, L’Officiel Hommes Italia, Harper’s Bazaar Cina, Luisaviaroma.com e Boycott Magazine. (www.kikixue.com)

PAOLO ZERBINI 1983 – Italia

Osservatore del mondo giovanile e delle sue contraddizioni Paolo Zerbini racconta lo stile e l’attitude dei ragazzi street portando il suo bagaglio di reportagista nel linguaggio dell’immagine di moda.Nel 2014 pubblica il suo primo libro fotografico, Rough Ride Down South, sulla vita dei giovani di provincia statunitensi. Oggi espone alla mostra IL NUOVO VOCABOLARIO DELLA MODA ITALIANA presso La Triennale di Milano. Paolo vive a Londra e lavora regolarmente per pubblicazioni come Numéro Homme Germania, Heroine Magazine,Vogue Russia, Vogue Turchia, GQ Style, Harper’s Bazaar, Out Of Order,L’Officiel Italia e VMan. ( www.paolozerbini.com )

MARIE ZUCKER 1991 – Germania

Situazioni oniriche tra riferimenti felliniani ed elementi estetici che ricordano la pittura preraffaelita, Marie Zucker rivela un mondo femminile sognante e decadente e crea nudi onesti e provocatori. Nata a Berlino si trasferisce a Londra poco più che teenager. Espone in diverse collettive tra New York, Milano, Tokyo e Melbourne. Collabora attivamente all’interno del collettivo femminile di artiste The Ardorous curato da Petra Collins. Le sue pubblicazioni e clienti includono: Louis Vuitton, Vogue Italia, Vogue Cina, Elle Svezia, Elle Giappone, L’Officiel, Purple Magazine, AnOther Magazine, TANK Magazine, Oyster. ( www.mariezucker.com )

 

MICAELA FLENDA, Milano, 1984.  Dopo gli studi si trasferisce a New York e collabora con CondéNast International fino al 2011 quando decide di tornare in Italia, continuando la propria carriera come producer di servizi fotografici e video per alcune delle agenzie di al moda più creative di Milano, come MACSIOTTI e  Collateral Films. In seguito si avvicina mondo dell’arte collaborando con gallerie e progetti curatoriali, tra i quali Fantom Editions e Around Gallery.

 

THIS IS ME NOT BEING YOU
Superstudio 13 – Via Forcella 13 Milano
mercoledì 24 Febbraio 10h00 – 20h00
giovedì 25 Febbraio 10h00 – 15h00

 #TIMNBY #THISISME

 

NAN GOLDIN

 

 

                                                                                                            8 FEBBRAIO 2016

 

 

 

NAN GOLDIN, STATUNITENSE, UNA DEI MAGGIORI ESPONENTI DELLA FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA, HA INCOMINCIATO A DICIOTTO ANNI A SERVIRSI DELL’OBIETTIVO COME ESPRESSIONE emozionale, fotografando la realtà a partire dalla famiglia, e restando nell’ambito del ritratto e della foto rubata alla vita. Il suo è uno stile “underground “ illuminato da luci a volte quasi caravaggesche, e come un pittore, ritrae la vita e il segno del suo passaggio, si inoltra nel percorso umano dall’infanzia alla vecchiaia, dell’amore e della morte, fino alla trasgressione, alla violenta denuncia sociale, politica e culturale di una generazione vissuta in un periodo storico segnato dal propagarsi dell’ AIDS.

Trasferitasi a New York alla fine degli anni 70, documenta la scena musicale post-punk e new wave e fotografando la vita nel quartiere della Bowery, allora al centro della cultura alternativa newyorkese, scatta quanto basta per pubblicare il suo “The Ballad of Sexual Dependency “, titolo preso dall’Opera da Tre Soldi di Bertold Brecht. Nelle sue foto di vita quotidiana i temi sono l’amore, la vita domestica, il sesso o la sessualità, ritratti di drag queen, persone in acqua, storie e dettagli intimi. La Goldin fotografa instancabilmente ciò che sente più vicino a lei con un linguaggio che può essere definito “ grunge “ e certamente ha influenzato riviste  come I-D e The Face, facendo da apripista  ad una diversa  concezione di immagine. L’uso della fotografia come espressione artistica è molto apprezzato  anche dall’industria della moda, e Bottega Veneta, che nel 2002 dà il via al progetto Art of Collaboration che unisce moda e grandi fotografi, la coinvolge nel 2010, e nel 2013 con Dior Homme Eau for Man, immortala con la sua cifra stilistica, un Robert Pattinson indimenticabile, ritratto in una serie di foto ambientate in camera da letto dalle quali è stato poi pubblicato il libro fotografico “1000 Lives “. 

Nan Goldin torna a imprestarsi alla moda come autrice con la  campagna pubblicitaria Primavera – Estate 2016 di Alexander Mc Queen, scegliendo  tra i set del servizio fotografico  il club londinese ’Electrowerkz, dove la Goldin ha  interpretato la moda, la musica e i club culture con il suo inconfondibile stile, distante dalla  bellezza patinata del linguaggio pubblicitario, con la potenza delle sue immagini sature  e informali. 

 

 

 

HI DAVID

 

                                                                                                               11 GENNAIO 2016

 

 

 

January 10 2016 – David Bowie died peacefully today surrounded by his family after a courageous 18 month battle… http://fb.me/3Nmmc2QmB 

10:30 p.m. – 10 Jan 2016

 

 

Questo è l’annuncio ufficiale dato stamattina al mondo, David Bowie se ne è andato, ma la sua leggenda ha già profonde radici nella nostra storia. Oggi il mondo si sveglia con un artista in meno, ne leggeremo tante di parole, ognuno di noi ha almeno un ricordo legato alla sua musica, ma quello che veramente parla per lui è quello che ci ha dato.

 

 MGP

 

BASEL IN MIAMI

 

                                                                                                                           21 DICEMBRE  2015

 

 

  • 1 L’entrata di Design Miami disegnata dagli studenti della Harvard Graduate School of Design.
  • 2 Art Basel crowd.
  • 3 Jac Leirner"Clowd (from corpus delicti)". Art Basel Miami Beach 2015.
  • 4 Paola Pivi “Untitled (Pearls)”. Art Basel Miami Beach.
  • 5 Francesca Pasquali"White Straws", 2015. Art Basel Miami Beach.
  • 6 Gabriel De la Morasuole di scarpa in cuoio o plastica, "288 - VII/Pi" e "288 - VII/PL", 2015. Art Basel Miami Beach.
  • 7 Hassan SharifSpine e spinotti, "Plugs No.1", 2014. Art Basel Miami Beach.
  • 8 Damien Hirstmedicinali oversize da “Schizophrenogenesis”, 2014. Art Basel Miami Beach.
  • 9 Jimmie Durham“Still Life with Xitle and Spirit” 2007. Art Basel Miami Beach.
  • 10 Michelangelo Pistoletto"Vortice-Trittico", 2014. Art Basel Miami Beach.
  • 11 Isa Genzken"Schauspieler", 2013, dalla mostra "No Man's Land" al Rubell Family Collection Art Museum.
  • 12 Mai-Thu PerretDoppia immagine di "Apocalypse Ballet (Pink Ring)" 2006. Presentata alla mostra "No Man's Land" al Rubell Family Collection Art Museum.
  • 13 Karin Davie"Oh Baby #1 & #2", Sidewalk series, 1992. Dalla mostra "No Man's Land" al Rubell Family Collection Art Museum.
  • 14 Anish Kapoor"Untitled", 2015. Art Basel Miami Beach.
  • 15 Anselm Kiefer "Geheimnis der Farne" (Secrets of the Fernes), 2007. Presentata alla Margulies Collection at the Warehouse.
  • 16 DANIELE PUPPI naked , 2014. Art Basel Miami Beach.
  • 17 John Baldessari“Numbered Legs”, 2015. Art Basel Miami Beach.
  • 18 Rob Pruitt"Us", opera in 127 parti un po' piu' grandi e 126 piu' piccole esposta al De La Cruz Collection Contemporary Art Space.
  • 19  Helen MartenArtwork al femminile. esposta alla mostra "No Man's Land" al Rubell Family Collection Art Museum.
  • 20 Anicka YiTre dettagli dei fiori tempura in "Life serves up the occasional unicorn", 2013. Esposta alla mostra "No Man's Land" al Rubell Family Collection Art Museum.

 

Il sipario e’calato su Art Basel Miami Beach 2015, presentata all’inizio di questo mese,e gli organizzatori tirano le somme. Le cifre sono stupefacenti: 267gallerie, 46mila metri quadrati di spazio espositivo, 77mila visitatori, milioni di dollari di vendite. Con circa meta’degli espositori proveniente dagli Stati Uniti e dal Sud America, Art Basel Miami Beach si e’imposta come la fiera d’arte piu’ prestigiosa in America. Un successo strepitoso giunto alla 14esima edizione, capace di cambiare il volto di Miami e di trasformarla in una delle citta’d’arte piu’ importanti al mondo, dove sia la produzione artistica, sia il mercato dell’arte sono in constante crescita. Il bilancio di quest’anno parla chiaro. Collezionisti fioccati da tutto il mondo. Art dealer soddisfatti, caso mai dispiaciuti di non avere portato piu’opere da vendere. I prezzi? Gli espositori sono riluttanti a divulgare cifre precise, ma hanno ammesso di aver venduto molto bene durante il primo giorno di presentazioni a inviti, con un tasso di vendita che la stampa Americana ha definito come ‘fast and furious’. Infatti la maggior parte delle opere in esposizione ad Art Basel sono state acquistate nei due giorni precedenti all’apertura ufficiale della fiera, durante le presentazioni riservate ad art dealers e a collezionisti d’alto livello. Qualche cifra: la scultura “White Snow, Dopey, Black Red White, Black”di Paul McCarthy (2011-2015) e’ stata venduta per un milione e mezzo di dollari; un Andy Warhol del 1980,”Joseph Beuys” a un milione e 400mila dollari. Il record sembra che spetti a“Man in Blue IV”di Francis Bacon (1954), venduto a 15 milioni di dollari nella galleria newyorchese Van de Weghe; nello stand stand e’ stato venduto un Picasso da 10 milioni e mezzo di dollari, “Buste au Chapeu”. Una serie di Alberto Burri degli anni 60, “Plastica”, e’ stata venduta per 2 milioni di dollari, grazie anche alla retrospettiva che il Guggenheim di New York gli ha dedicato quest’anno ( 9 ottobre 2015 – 6 gennaio 2016).

Situato di fronte ad Art Basel e giunto alla quinta edizione, Design Miami ha accolto migliaia di visitatori sotto il tradizionale tendone bianco davanti al Convention Center, sede di Art Basel. Ogni anno un artista di prestigio ha l’onore di disegnare l’entrata di Design Miami. Quest’anno e’ toccato a un gruppo di studenti della Harvard Graduate School of Design, autori di una struttura composta da 200 modelli architettonici in un rosa brillante, installati a testa in giù  sopra altrettanti pali in acciaio. Titolo: “Unbuilt”.  (FOTO  1)

Tra i pezzi piu’ interessanti di Art Basel: “Still Life with Xitle and Spirit” di Jimmie Durham (2007). Acquistata da un museo il giorno prima dell’inaugurazione della fiera, l’opera era stata in origine commissionata da un collezionista messicano all’artista indiano- americano Jimmie Durham e realizzata con una gigantesca pietra vulcanica da 9 tonnellate e una Dodge Spirit, auto tipicamente utilizzata dai poliziotti messicani in incognito. (FOTO 9)

Uno degli appuntamenti immancabili durante la frenetica settimana di presentazioni di Art Basel e’ il giro delle collezioni private. Situate tra il Design District e il quartiere degli artisti, Winwood, queste grandi warehouse aprono le porte ai visitatori proponendo mostre appositamente curate per Art Basel, contemporaneamente ai pezzi permanenti delle collezioni. Quest’anno la Rubell Family Collection ha presentato una mostra di arte al femminile, “No Man’s Land”. A volte opere delicate e poetiche, come le ballerine di Mai-Thu Perret, altre volte opere di denuncia e malessere, sempre le opere di “No Man’s Land” ripercorrono un universo tutto al femminile.(FOTO  11, 12, 13, 19 e 20)

 

 

LE CITTA’ DI GABRIELE BASILICO

 

                                                                                                    18 DICEMBRE  2015

 

 

C’è una grande mostra da vedere all’UniCredit Pavillion di Milano, grande perché le opere esposte sono 150, disposte su tre piani e per la gioia di chi guarda, di grandi dimensioni, e perché sono state accuratamente scelte dall’archivio fotografico di Gabriele Basilico, uno dei più grandi fotografi dei nostri tempi, prematuramente scomparso nel 2013. Milanese di nascita e nel cuore, Basilico ha fotografato con un’introspezione speciale che gli veniva dalla passione per la storia e la poesia contenuta nei luoghi e soprattutto nelle città. Milano Ritratti di Fabbriche, una delle sue più famose serie, realizzata tra il 78 e l’80, ha dato inizio al minuzioso, magico viaggio di indagine sul tema delle città e delle sue modificazioni nel tempo. Passando attraverso circa 50 città del mondo, dalle metropoli alle coste della serie Bord  de Mer, il percorso della mostra si chiude idealmente nell’area di Porta Nuova, nella stessa Milano dove aveva avuto inizio, ai tempi di Ritratti di Fabbriche, con le riprese del mutamento della città durante i lavori di costruzione dell’area dove oggi, al centro del nuovo cuore pulsante della città, ha sede il luogo dove si celebra una parte dell’immenso lavoro di Basilico. La mostra comprende una serie di filmati, documentari e interviste che mostrano l’artista al lavoro e ne colgono e documentano l’umanità. Il titolo della mostra è Ascolto il tuo cuore, città. ed è stata curata da Walter Guadagnini con la collaborazione di Giovanna Calvenzi, il catalogo è edito da Skira.

Da gennaio sono previsti 4 appuntamenti aperti a tutti gli appassionati, sulla vita e il lavoro di Gabriele Basilico. I relatori saranno Stefano Boeri il 12 , Luca Doninelli il 14, Michele De Lucchi il 19 e Toni Thorimbert il 26 .

Dal 18 dicembre 2015 al 3o gennaio2015 all’ UniCredit Pavillion Piazza Gae Aulenti 12 Milano.

Orario mostra : 10.00 – 19.00 – chiuso il lunedì

 

 

VISIONI DAL MONDO

 

 

                                                                                                         10  DICEMBRE  2015

 

  • IN CONCORSO : REDEMPTION SONG ,   WANDERLUST,   PEQUENAS MENTIRAS PIADOSAS,   KILLA DIZEZ
  • IN CONCORSO :  MEGLIO UN GIORNO,   NOTE DOLENTI,   OTHER THAN OUR SEA,   WIDE BLUE DELIVERY
  • IN CONCORSO : REVELSTOKE- UN BACIO NEL VENTO,   STELLA CIAO,   FUKUSHIMA NUCLEAR STORY,  QUELLO CHE RESTA
  • FUORI CONCORSO :  CHANTE TON BAC D'ABORD,   THE SWEDISH THEORY OF LOVE,  LA LINEA SOTTILE,   HIP-HOP- HERATION
  • OMAGGIO A RAI CINEMA :   LOOKING FOR KADIJA,    MATERIA OSCURA,   LUCE MIA,   IL CASTELLO

 

 

IL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL DOCUMENTARIO,  ” VISIONI DAL MONDO – IMMAGINI DALLA REALTA’” INIZIA DOMANI, 11 DICEMBRE, A MILANO, ALL’UNICREDIT PAVILLION, il nuovissimo centro culturale in Piazza Gae Aulenti al 10. La prima edizione di questi tre giorni di kermesse, offre un programma di 24 anteprime internazionali, 12 film inediti nel concorso “ Storie dal Mondo Contemporaneo “ ed eventi speciali. Inaugura la prima giornata del festival la masterclass di  Gianni  Amelio, alle 10, 30 del mattino, mentre alle 20,30, alla sala TIGLIO ci sarà la proiezione in anteprima assoluta di “ Registro di Classe Libro Secondo “ ( 1968 – 2000 )  di Gianni Amelio e Cecilia Pagliarani. Il festival si propone di raccontare la Storia e le storie di oggi, dagli eventi universali alle piccole storie di ogni giorno, un’indagine sui valori culturali e sociali nello stile cinema del reale atttraverso gli occhi e il cuore di giovani filmakers. L’ingresso è libero, fino ad esaurimento posti, inutile dire che chi primo arriva ..  Fino a domenica 13 dicembre.

 

   info : www.visionidalmondo,it

 

 

TORINO FILM FESTIVAL

 

 

                                                                                                             20  NOVEMBRE  2015

 

 

god bless the child

 

 

L’ANNUALE APPUNTAMENTO DI TORINO FILM FESTIVAL  ( 20- 28 NOVEMBRE ) APRE IL CONCORSO CON UN FILM GIRATO NELLO STILE CINEMA – VERITA’, IL TOCCANTE, MA ANCHE DIVERTENTE “GOD BLESS THE CHILD ” IN PROGRAMMA SABATO 21. Il film racconta della giornata in totale libertà di cinque fratelli. La madre li ha praticamente abbandonati e a far loro da baby sitter, prova la sorella maggiore. Ovviamente il caos prende il sopravvento, ma oltre ai litigi, la tenerezza e l’amore sono la parte magica di questo piccolo film girato in povertà da Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck.

I 205 titoli divisi tra le varie sezioni, comprendono le retrospettive, dove sarà possibile vedere alcuni film rari, e 50 anteprime mondiali, ma il concorso ufficiale, Torino 33, è come sempre dedicato ad opere prime,seconde e terze che come tema centrale, in questa edizione, hanno la famiglia, i giovani e i problemi del quotidiano, suddivisi in 15 lungometraggi, 11 documentari nel concorso internazionale e 9 in quello italiano. Sul sito del festival, tutto il programma, le gallery, info e news.

 

TORINOFILMFEST.ORG

IL LEONE VENEZUELANO


 

                                                                                                           12  SETTEMBRE 2015

 

 

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E’ UN POTENTE FILM SULL’AMORE E SULLA SOLITUDINE CHE VINCE IL LEONE A VENEZIA. DESDE ALLA’ ( DA LONTANO ) DELL’ESORDIENTE REGISTA VENEZUELANO LORENZO VIGAS.

Sullo sfondo di una Caracas dove la marginalità e la povertà seminano la violenza, emblema di quello che accade in qualsiasi latitudine del pianeta, questa storia minimale ma intensa, parla di Armando, uomo anaffettivo, dalla vita grigia e piatta, che paga ragazzi per vederli spogliati e masturbarsi. Con uno di questi, Elder, un ragazzo violento cresciuto con la mentalità machista tipica di certe culture, si crea un legame che si nutre degli opposti.Come spesso succede, sotto  la violenza di Elder si cela una dolcezza rude, una vulnerabilità inaspettata, che si scopre piano piano con il delinearsi di una identità sessuale “altra”, ma il desiderio di un rapporto amoroso carnale e passionale, non trova risposta nell’anima asettica di Armando. Il film scorre in un’ora e mezza di racconto preciso, sottile, descrivendo, con estrema naturalezza ma con lacerante profondità, due mondi che non si incotreranno mai.

 

 

 

 

XX MILANO FILM FESTIVAL

 

                                                                                            10  SETTEMBRE  2015

 

 

  • FASSBINDER:TO LOVE WITHOUT DEMANDS
  • TRANSFATTY LIVES
  • LIFE
  • SUNRISE
  • CARMIN TROPICAL
  • UN JEUNESSE ALLEMANDE

 

 

OUTSIDERS E RASSEGNE, IMPEGNO POLITICO E CIVILE, CINEMA DI ANIMAZIONE, MUSICA, MASTERCLASS, EVENTI SPECIALI E INCONTRI, UNA KERMESSE DI 10 GIORNI CON UN PROGRAMMA ESPLOSIVO.

E’ il Milano Film Festival. 20 anni e non li dimostra, perché l’entusiasmo e la partecipazione a questo imperdibile festival è sempre altissimo, e lo dimostrano le presenze che invece di mostrare cedimenti e stanchezze, sono in continuo aumento . Il vastissimo programma comprende un concorso internazionale lungometraggi, aperto solo ad opere prime e seconde di registi provenienti da ogni parte del pianeta, tutte in anteprima italiana, alcuni   presentati al festival di  Cannes, come Lamb, che apre il concorso, del regista etiope Yared Zeleke, o alla Berlinale, al Tribeca Film Festival, al Sundance, a Locarno o a Toronto, tutti applauditissimi, alcuni già vincitori di sezioni speciali, ma ancora senza distribuzione,  e un concorso internazionale cortometraggi con 54 opere di registi sotto i 40 anni, e anche qui, titoli già in possesso di premi significativi, oltre alle rassegne fuori concorso con i vari Outsiders, (The Outsiders, The Outsiders cinema, The Outsiders musica,The Oursiders Italia  ) alla sezione Colpe di stato, al Focus Animazione. Tutti i film e i corti sono selezionati da un pool di ragazzi  appassionati e competenti e questo ha un senso con un festival dedicato a giovani registi alle prime o seconde opere, con produzioni che sperimentano nuovi linguaggi su argomenti  socialmente e politicamente impegnati sulle scomode realtà del nostro oggi. Anima militante e democratica, il MFF offre un’APP da scaricare per votare il premio del pubblico, e organizza brainstorming per arricchire e migliorare il già ricchissimo calendario di 10 giorni di incontri, DJ set e concerti live a ingresso gratuito, workshop, eventi e sezioni speciali ( Schermi di Classe, con progetti e lavori degli studenti delle scuole di cinema ) . Non mancano retrospettive importanti come quella che quest’anno è dedicata al documentarista austriaco Nikolaus Geyrhalter, completa di masterclass, e tra altre rare perle, come la storia della diva Renee Maria Falconetti, immortale Giovanna D’Arco di Dreyer, i documentari  Fassbinder.To love whitout demands, del regista e storico di cinema danese Christian Braad Thomsen, amico del famoso Rainer, e un inedito Orson Welles Autopsie D’une Legende, di Elisabeth Kapnist.E questo solo nella sezione Outsiders cinema. Insomma, tanta cultura, energia, voglia di fare e di condividere, a Milano, dal 10 al 20 settembre. Sul sito il programma completo di tutto.

 

 

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milanofilmfestival.com

 

 

Greene-Leica Galerie

 

 

                                                                                                                      12  MAGGIO  2015

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E’  alla LEICA GALERIE di Milano la mostra ‘The Western Front ‘ di STANLEY GREENE ,  fotoreporter statunitense di fama internazionale autore di molti reportage di guerra, tra i quali quello dedicato al conflitto in Cecenia, diventato poi un celebre libro, ( Open Wound ), e vincitore, tra l’altro, del prestigioso Eugene Smith Humanistic Grant e del Getty Award for Editorial Images del 2011.

I 27 scatti selezionati per la mostra, che per la prima volta espone in Italia un’importante parte del lavoro di Greene, sono l’ estratto di  una testimonianza unica e preziosa del tempo in cui frequentava e condivideva la vita degli artisti della scena musicale punk della San Francisco ‘70 ‘ / ‘ 80 ‘. Le sue foto fecero di  Greene uno dei fotografi più richiesti da band e artisti di quegli anni, e portarono il suo lavoro sui magazine più importanti dell’epoca. ‘The Western Front ‘ è anche un libro, pubblicato da André Frère Edition.

 

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Leica Galerie Milano, Via Mengoni 4

Dal 12 maggio al 28 giugno 2015

Orari: lun 14.30-19.30/ mar-sab 10.30-19.30 – domenica chiuso

Ingresso gratuito

 

 

Da Hyères

 

 

                                                                                                                       30   APRILE  2015

 

Si è concluso a Hyeres il 30° festival  della moda e della fotografia. Abbiamo selezionato tra i 10 vincitori, alcuni dei molti artisti emersi nella vasta proposta di talenti ispirati dalla moda o dai sobborghi urbani, immagini di luoghi o non luoghi del reale o della memoria, visti attraverso il filtro delle emozioni, come l’arte suggerisce.

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EVANGELIA  KRANIOTI

Il lavoro di Evangelia Kranioti prende forza e ispirazione dall’antica tradizione marittima del suo paese,la Grecia. Nel 2005, inizia una ricerca artistica e antropologica della vita attraverso i viaggi e, in particolare, dai marinai. Porti e donne formano una possibile coppia archetipica, una metafora affascinante per il viaggio continuo, il desiderio e la relazione dell’uomo con l’Altro. Per capire meglio cosa spinge a questi viaggi un ideale Ulysse e le attese di Penelope, Evangelia Kranioti ha deciso di imbarcarsi come marinaio. Unica donna a bordo,durante i suoi numerosi passaggi su petroliere, navi da carico e navi container della marina mercantile greca, ha toccato i porti di venti paesi. Il lavoro che ha prodotto in questo periodo si esprime attraverso una grande serie fotografica e il suo primo lungometraggio, uscito nel 2015.

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POLLY  TOOTAL

Fotografa del paesaggio Britannico, Polly Tootal ama viaggiare tra paesi, città e villaggi, attraverso la periferia e la campagna, seguendo  i fiumi e la costa. i paesaggi non sono quelli raccomandati dalle giude turistiche, si oppongono a qualsiasi forma evidente di grandezza o di bellezza, per concentrarsi sulle lacune, sugli spazi che attraversiamo ogni giorno, il cui anonmao è tale che le nostre coscienze lo hanno assorbito prima di dimenticarlo. spazi che portano il segno di una importante attività umana, ma allo stesso tempo privi di qualsiasi presenza umana. Frontiere, zone di confine tra città, campagna e industria del tempo libero, residenziale e in disuso, di solito individuate dalla strada, scoperte e osservate da dentro una macchina. questo contribuisce alla strana familiarità che emana da queste immagini, a volte inquietanti sensazioni di dejà vu. Magazzini, centri commerciali,terreni abbandonati,autostrade, parcheggi..non luoghi che riempiono la nostra vita di nascosto; siti di transitorietà. Il contrario dell’anonimato è l’universalità. L’anonimato universale di queste immagini parla di una moderna Gran Bretagna con un tono insolito. Indica al silenzio della vita sterilizzata, iper-moderno, super moderno: l’illusione che la storia è venuta a un punto morto. Banalità, apatia, funzionalismo.

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THOMAS ROUSSET

Le fotografie di Thomas Rousset offrono un mix di immagini, realtà ambigue sovrapposte che flirtano costantemente con i confini del reale e l’immaginario e giocano con i codici di fantasia e reale.Il divario tra il qui e l’altrove è difficile: le tracce sono sfocate, tempo e spazio cancellati. Il quadro di basa sulla creazione di decorazioni, spesso ispirate ai colori di Fellini o allla follia di Kusturica. Gli allestimenti sono situazioni assurde e danno vita a un universo pittoresco e giocoso. Ci sono argomenti, soprattutto nella centralità della composizione, che apartengono ad altre culture.Ornamenti e costumi sostengono questo “melting pot” di tradizioni. Le culture sono qui ripensate e si trasformano in trattini. I confini non sono più barriere,ma aree di contatto.Questo è un mondo decisamente utopico, e queste serie, il risultato di una consapevolezza della degradazione del concetto di comunità nel mondo occidentale contemporaneo.

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OEZDEN YARULMAZ

Oezden Yorulmaz si concentra sull’importanza del ruolo dell’immagine in termini di definizione stessa nella società occidentale. Il suo lavoro esplora i confini e i limiti della fotografia in quanto tenta di rappresentare la realtà. spesso l’artista si pone come protagonista, attore maschio che interpreta uno scenario o una situazione psicologica in chiave di forma di immagini e luoghi. Ed incontra Jack (“Incontro tra Ed e Jack”), racconta una storia di fantasia attraverso una serie di fotografie che evocano una sequenza di immagini fisse.Utilizzando puntelli e costumi, l’artista cerca di realizzare un personaggio, una situazione tale da riprodurre un ambiente reale, tuttavia, esiste solo entro i confini dello spazio generato dall’immagine.

 

 

 

 

JEAN MUNOZ- HANGAR BICOCCA

 

 

 

 

                                                                                                           14  APRILE  2015

 

 

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E’ all’Hangar Bicocca di Milano e in Italia per la prima volta una personale di Jean Munoz, uno dei più grandi artisti contemporanei scomparso prematuramente nel 2001 a 48 anni. L’esposizione è grandiosa per l’estensione degli spazi e per la presenza di un centinaio di sculture suddivise in 15 delle opere più significative dell’artista, tra le quali la famosa Double Bind, realizzata nel 2001 per la  Tate Modern di Londra e mai esposta al pubblico. e che da sola ricopre una superficie di 1500 mq disposti su tre livelli di grande effetto scenico ed emozionale. Le sue espressive creature, protagoniste di storie suggerite dall’artista all’immaginario di chi guarda, incantano per intensità e umanità dal loro mondo quasi monocromatico, fatto di ocra, grigio, bianco e nero, ci parlano attraverso messe in scena che vanno da gruppi di conversazione, ad altri in atteggiamenti aggressivi, ad altri ancora in pose acrobatiche, fino alla drammaticità che ci suggerisce una figura con la corda al collo. L’arte di Munoz, la sua sapiente messa in scena dell’umano, non lascia impassibili, porta alla commozione attraverso un percorso empatico che non si esaurisce davanti all’opera. Ma questa imperdibile mostra, è eccellente anche sotto il  profilo dell’allestimento, pensato e curato in modo che il contesto architettonico interagisca con il significato intrinseco delle opere.

A  cura di Vicente Todolí, ‘Double Bind & Around’. Fino al 23 agosto.

 

 

ELLIPHANT – I-D

 

                                                                                                                    15  FEBBRAIO   2015

 

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Fresco di uscita e curato da I-D, il nuovo video della rapper svedese Elliphant,.

 

 

WILLY WANDERPERRE

 

 

 

                                                                                                                     22  MARZO  2015

 

 

 

 

Willy Wanderperre, classe 1971, belga. Ha studiato moda e fotografia alla Royal Academy di Anversa dove ha conosciuto Raf Simons, fashion designer che non ha bisogno di presentazioni, lo stylist di fama internazionale Olivier Rizzo e il make up artist Peter Philips,oggi direttore creativo e immagine di Christian Dior trucco,stabilendo con loro un legame di amicizia e di stretta collaborazione cresciuto negli anni e iniziato già dalla prima collezione di Simons. Collabora per le maggiori riviste internazionali come I-D, Another Magazine, Another Man, Love, Vogue International, L’Uomo Vogue, V Magazine, Arena,Pop, e ha realizzato campagne per Jil Sander,Dior Homme,Gucci, Raf Simons, solo per citarne alcuni. La sua arte arriva da un’interiorità che ha forti riferimenti emotivi e solide basi umane e conosce il segreto della luce, e la sua figura alta,da adolescente,unite alla leggendaria riservatezza,sono tutt’uno con la poesia pura e graffiante delle sue immagini e uno stile che non lascia indifferenti.Pubblichiamo l’estratto di un’intervista che offre un quadro esauriente della sua personalità e della sua relazione con la fotografia.

Intervista di Wayne Sterling per A Models.com

Potresti iniziare raccontandoci un po ‘del tuo background e come sei diventato un fotografo di moda?                                                                            Sono cresciuto nel sud-ovest del Belgio, e in tenera età ho capito che che il mio sogno era fare qualcosa di creativo. Ero ossessionato, e seguivo un corso di arte ogni fine settimana. A tredici anni ho iniziato a frequentare una scuola d’arte, nelle vicinanze dove ho vissuto, nella stessa provincia, nelle Fiandre occidentali..Quando ho compiuto i diciotto anni,era il periodo in cui la moda era molto importante in Belgio. Erano gli anni del boom degli stilisti belgi ed ero molto influenzato della moda, questo mi ha dato la spinta che ci voleva per decidermi a studiare moda presso l’Accademia Reale di Belle Arti di Anversa. Quando sono arrivato ad Anversa, Margiela aveva appena iniziato, ma stava già facendo una sfilata dopo l’altra a Parigi. Erano i primi anni ’90, il periodo in cui la moda e la fotografia, e la fotografia d’arte hanno iniziato a flirtare l’uno con l’altro, come un cross-over dove era accettabile per un fotografo d’arte fare fotografia di moda e viceversa. Quello è stato il mio periodo di transizione, quando ho capito che per me il mezzo fotografico era più interessante. Ero più emozionato e interessato a cercare immagini, scattare foto, creare il mondo che circonda la moda,che alla moda stessa,perché ho sempre pensato che alla fine, per tradurre e catturare l’emozione che volevo, era più efficiente farlo con le immagini. Credo che questo sia il motivo principale per cui sono passato dallo studio di moda alla fotografia.                                                                                                                                                                                                           Sembra che quei giorni all’Accademia Reale di Belle Arti abbiano avuto una  forte influenza sulla tua estetica.                                                             Oh sì, di sicuro, arrivavo alla grande città’ … Anversa … e al solo entrare in quell’ antico edificio ( risale al 1600)  dove i corridoi erano pieni di statue greco romane e  rinascimentali, la sensazione e il peso di tutta quella storia si facevano effettivamente sentire. E’ stato abbastanza impressionante.Era il passaggio dall’ 80 al “90”, la reazione tra minimalismo e decostruzione, la prima apparizione del grunge, così quella sensazione di romanticismo, insieme alla storia, all’edificio con i suoi corridoi malandati e le statue, hanno avuto una grande influenza sulla formazione del mio linguaggio visivo. Credo davvero che ci fosse qualcosa di oscuro e di magico, in perfetta armonia con lo spirito del tempo del periodo.
Questa “estetica”, è individuale, accomuna il talento di quella generazione o è qualcosa di istintivo nella cultura belga?
Non lo so … penso che forse è una caratteristica culturale belga. Il Belgio è un paese molto piccolo. Non siamo mai stati conquistatori. Penso che abbia molto a che fare con l’individualismo delle persone. Un’ introversione ai sentimenti.

Come è nata la lunga collaborazione con Olivier Rizzo?                                                                                                                                                               Ho incontrato Olivier il primo giorno di scuola di Anversa. Siamo amici da allora. Abbiamo iniziato nello stesso anno l’Accademia, e subito dopo la laurea abbiamo  iniziato a lavorare insieme. Era soprattutto durante il fine settimana, il sabato e la domenica che sperimentavamo insieme i nostri shooting. Olivier era lo stylist, io fotografavo e Peter Phillips, che era  all’Accademia con noi, era il make-up. Le location erano appena fuori casa o nel nostro salotto, sempre in luce naturale, molto cruda, e quello che cercavamo era cogliere l’emozione nelle espressioni dei modelli. Il soggiorno in cui abbiamo lavorato dall’inizio, era orientato perfettamente per offrirci la luce che volevamo e il Belgio ha una magnifica luce diffusa. Abbiamo fatto le cose che volevamo raccontare al mondo. Crude ed emozionali. Direi che è stata una ricerca di emozioni vere, che la gente ha percepito. Quelle che è fantastico  del lavoro con Olivier, è ci conosciamo e lavoriamo insieme da tanti anni e ci capiamo perfettamente. Ci fidiamo l’un l’altro, ma allo stesso tempo non vogliamo cadere nella ripetizione e cerchiamo sempre di trovare qualcosa che porti il nostro lavoro verso nuove direzioni, di fare qualcosa di inaspettato in termini di immaginario o in termini di stile, e questa è la cosa più bella, e la facciamo con l’amicizia e la fiducia reciproca. Spero che potremo continuare a lavorare insieme per sempre, perché è una persona di grande talento.
Avete mai pensato che il lavoro che  facevate durante i weekend avrebbe potuto trovare un uso commerciale?
Eravamo tutti molto ingenui allora. Avevamo fatto uno shoot, questa era la cosa più importante!  Ero ossessionato da una ragazza, Chloe Winkel, e un ragazzo, Robbie Snelders.  Lui e lei … abbiamo sempre lavorato con loro, erano una grande fonte di ispirazione. Quelle immagini sono state anche l’inizio del legame con Raf Simons. Raf era un nostro caro amico e lui aveva appena iniziato la sua prima collezione. I suoi vestiti erano perfetti per il mood di quel momento, e abbiamo lavorato molto con i vestiti di Raf, mescolandoli a quelli di Robbie e Chloe  e un sacco di vintage. Una di quelle prime immagini è stata scelta per una mostra e notata da Terry Jones della rivista ID . Ed è stata la nostra prima pubblicazione. Da allora ogni volta che avevamo qualcosa di nuovo da proporre lo inviavamo alla rivista ID dicendo: “Questo è quello che abbiamo fatto. Vi piace? Volete pubblicarlo ? ” fortunatamente piaceva, e abbiamo semplicemente continuato. Inoltre Alix Browne, che lavorava per la rivista V, in quel momento era ad Anversa, ci siamo incontrati e abbiamo incominciato a parlare. Non sapeva chi ero, non sapevo chi fosse. Lei era ad Anversa per, il lancio di V Magazine. V Zero ha visto la pubblicazione di alcune immagini che avevamo prodotto, la mia prima pubblicazione negli Stati Uniti. Era Robbie, ancora lo stesso ragazzo, con un Topolino dipinto sul suo volto. Abbiamo iniziato a collaborare con loro allo stesso modo. Hanno commissionato, abbiamo proposto. Non abbiamo mai pensato che continuando in quella direzione avremmo potuto avere un successo commerciale. Appena fatte le foto le inviavamo. Per noi era divertimento. Più tardi, a un certo punto abbiamo incominciato a pensare all’applicazione commerciale del nostro lavoro.
Pensi che il processo mediante il quale un giovane fotografo sviluppa uno stile e  la sua “firma”, sia unico?
Penso che quello che è stato ancora è … e che si deve rimanere fedele a chi sei, e mi sento di avere di espresso, onestamente … quello che sono. Naturalmente si assorbono un sacco di cose ed è del tutto naturale Parlando di timeline, cerchi di spingere la fotografia di moda per avere un significato più grande e più duraturo, oppure sei felice semplicemente di lavorare su una bella immagine in quel momento?
A volte si pensa al bel quadro. Ma si tenta anche di esprimere attraverso le immagini e attraverso la fotografia lo spirito del tempo, a ciò che sta accadendo nel mondo in quel momento. Non si tratta solo di vestiti, è anche emozione. A volte il bel quadro è abbastanza, ma poi penso: ” Questa moda sarà di aiuto ? Avrà un impatto? Saprà dare qualcosa?  Sarà più  di una bella immagine?
C’è un’ influenza dell’arte contemporanea nel tuo stile ?                                                                                                                                                              Sono stato molto influenzato dai pittori fiamminghi, la luce di quei dipinti, le forme dei corpi, l’emozione e il dramma. Ho assorbito molto di questo. E ‘ancora parte della mia firma, ma sono sempre stato ricettivo a quello che mi attrae. In questo momento c’è molta pittura, scultura e danza. Sempre Francis Bacon, sempre Lucien Freud, l’energia grezza, il movimento. Jenny Saville, la consistenza e l’astrazione. Ci sono contemporanei fiamminghi / belga che trovo molto stimolanti: Berlinde De Bruyckere, lei scolpisce, trasforma i corpi umani / animali in forme e ciò che fa è abbastanza spettacolare. In  modo simile l’idea di morphing, emozioni crude e il movimento, ma attraverso un mezzo diverso, c’è Anne Teresa Keersmaeker per la danza, quello che può evocare è incredibile. Michael Borremans, fa questi dipinti sorprendenti e anche Cris Brodahl … le sue sono quasi come un quadro Man Ray, surreale, suggestivo, un po ‘scomodo. La religione è un filo rosso attraverso fuori tutto questo, credo. Sono cresciuto con l’idea della colpa cattolica, che è così fiamminga. E ‘il nostro patrimonio, il cattolicesimo è ovunque. Come per esempio, quando avevo sette anni, quando invece di essere portato in viaggio per il parco si andava a vedere dungeon e tombe. E ‘stato molto impressionante. Ma davvero mi ha formato in quello che sono. Questi artisti belgi che ho citato hanno ancora in sè, quella vera sensazione di piccola città con senso di colpa cattolico. E ‘molto belga.
E ‘una idea molto interessante e torna alla questione della qualità emotiva della tua fotografia. Rispetto a quando hai iniziato, data la sovrabbondanza di immagini oggi, pensi che la fotografia di moda sta perdendo la sua urgenza?
No. Non credo proprio. Penso che quello che si può dire è che a volte la magia è persa.Tutto viene bloggato. Tutto è dietro le quinte, e out-take da dietro le quinte. Ci si sente come quando a volte il mistero e la cosa che ti fa sognare quando si guarda un quadro, sta svanendo. C’è tanta schifezza, ma ci sono anche un sacco di informazioni che sono importanti e sono un bene prezioso . La rete resta un mezzo fantastico. Penso che sia la stessa cosa con le immagini. Ce ne sono molte che proprio non vale la pena di vedere, ma è interessante il processo di selezione da parte dell’utente, in quanto può fornire un’idea di quanto c’è intorno, e alla fine la gente seleziona ciò che vuole e che sente di proprio interesse.                                                                                         Il mondo della moda è diventato sempre più digitalizzato, ha cambiato la natura o l’approccio del tuo image-making?
Penso che si dovrebbe sempre rimanere fedele al proprio stile, ma allo stesso tempo non avere paura della sperimentazione. Altrimenti rischi di rimanere bloccato. Rimanere fedele al tuo stile non significa che debba diventare un manierismo. Fedele al tuo stile è l’emozione che si mette nelle proprie foto. Penso che il tuo stile può essere trasferito o trasformato in qualcosa che è completamente digitale e migliorato. Credo che, ancora una volta, si tratta di un processo di evoluzione che è molto bello. Le cose devono evolversi. Il passaggio dalla pellicola al digitale è stato un’ esperienza di appretrattamento della luce è a volte completamente diverso. Parlo con mia nipote, che ha 9 anni, su negativi e polaroid. Lei non conosce l’esistenza di queste cose (ride). Credo che si debba abbracciare il mondo di oggi. Se si rimane concentrati su quello che si è fatto molto tempo fa, o si sta ancora facendo, non ci si spingerà in avanti in modo creativo. Ci si deve evolvere, abbracciare la tecnologia. Si potrebbe fare tutto con un computer al punto in cui non si riconoscerebbe più l’immagine originale. Potrebbe diventare una cosa totalmente diversa. Ma non è una situazione in cui direi “Oh no, io non lo farei mai alla mia immagine” Se funziona per la tua immagine, perché no. E se non funziona, almeno ci hai provato, hai esplorato un’altra possibilità ..
Vedi i  fashion film come editoriali estesi, cortometraggi, o un nuovo mezzo a sè?
Voglio trattarli come un nuovo media. Non credo che si dovrebbe trattare un film di moda solo come un’estensione di un editoriale pubblicato, o  che l’editoriale debba essere  preso dal film…A volte basta saper usare il mezzo in modo diverso. Anche in questo caso, sono le sfide davanti alle quali ti trovi nel dovere usare un mezzo differente, il lato interessante. Con la fotocamera Red alta qualità di ripresa digitale è diventato accessibile. I primi clip che ho prodotto per Raf Simons e Another Magazine o Love, sono stati fatti con iMovie. Ho girato, ho classificato, ho modificato, messo la musica. E ‘stato molto interessante dover imparare e capire un nuovo mezzo per trovare quello che mi piaceva. Stavo lavorando intorno a una sorta di avanzamento veloce, lasso di tempo, isterico stile di montaggio. Si dovrebbe trattare come un mondo a sé. Anche se si ha solo un minuto di tempo, si dovrebbe cercare di dare una sensazione, un’emozione per qualcosa che non è solo la cintura o la cravatta o la camicia o il tacco alto della scarpa. Credo che si dovrebbe ancora una volta, cercare di sedurre lo spettatore con un’emozione. E’ troppo bello come mezzo per non farci qualcosa emotivo . Penso che qualcosa senza un’emozione non ha un significato.
Grazie mille per questo sentimento. Penso che sia fonte di ispirazione sapere che l’emozione è ciò che guida il tuo immaginario. Cosa vorresti che rimanesse come tua eredità?
Ooooooh (ride).
E ‘una domanda piuttosto impegnativa, che so, vorrei lasciare una serie di immagini che ha detto qualcosa sul periodo che ho vissuto . Ecco, questo.

 

MGP.

 

 

 

the shadow of your smile

 

 

                                                                                                     29  OTTOBRE   2014

 

 

 

 

Di  Edland Man abbiamo pubblicato due servizi di moda scattati a Milano, uno ambientato al salone del mobile negli spazi dedicati a giovani artisti della scuola del nord europa, e uno nel cuore dell’Expo, la Piazza Gae Aulenti, all’ombra dei grattacieli che hanno ridisegnato lo skyline della città. Edland è un artista poliedrico che definisce se stesso image maker o creative director, fotografo o illustratore della realtà. Un narratore visivo, che reagisce sul presente, e si sviluppa con le sue idee future.

Ed è della sua passione di illustratore che oggi parliamo. “The Shadow of your Smile” è l’ultima di una serie di opere d’arte di Edland Man. Il fil rouge sono le riflessioni sulle transizioni temporali. In “Yesterday Papers “ i tagli nella carta, quasi crudeli, mettevano in risalto una vulnerabile, giovane nudità, “ Pagine Strappate “ sono una serie di ritratti  della ex  modella Sabrina Querci nella sua maturità, e infine una serie dedicata ad un Gaultier d’annata metteva in risalto il cambiamento conservatore dei tempi.

In questo suo ultimo lavoro, “The Shadow of your Smile”, l’artista lavora con lo stesso linguaggio tecnico ma senza avvalersi della fotografia come base di partenza e mostra una visione più positiva sul futuro, lasciando gli aspetti critici e nostalgici e lavorando con l’ausilio delle nuove tecniche digitali come strumenti creativi. In queste opere, costruite con pezzi di carta strappati dalla carta stampata, l’artista lancia un messaggio sulla fine di un’era e la sua interazione con i nuovi mezzi di comunicazione e torna, chiudendo il suo cerchio immaginario, al discorso di transizione e trasformazione, rielaborando opere commissionate tra il 1985- 1988 dalla rivista Vanity fondata da Anna Piaggi e altre pubblicazioni Condè Nast, da Vogue a Lei / Lui nel decennio ottanta.

 

http://www.edlandman.com/portfolio-illustration.htm