Non più “solo” sneakers. Quelle che una volta si chiamavano “ scarpe da ginnastica, o, ai tempi di Jannacci “scarpe da tennis” oggi sono spesso il complemento determinante del look, e l’inevitabile evoluzione dello stile e dei materiali sempre più leggeri e sofisticati, ne fa un accessorio di primo piano che guadagna sempre più terreno nelle collezioni di tutti gli stilisti. Suole e tomaie per scarpe da star, a volte in edizioni limitate, o personalizzabili. Dai materiali supertecno come quelle di Marni, ai mix di colori di Emilio Pucci , fino alle piume di struzzo di Miu Miu o alle total gold di Maison Margiela, le hit della stagione primavera estate 2018.
Una scelta essenziale delle sfilate di Londra che racchiude i mood proposti dalle passerelle inglesi. Il giubbotto di pelle stile ” Mods” ma attualizzato dai bermuda, appena visti anche sulla passerella milanese di Prada. Lo stile pulito del blazer doppiopetto sdrammatizzato dai polsini risvoltati che svelano l’interno a righine e i pantaloni corti sopra la caviglia con risvolto e banda laterale di Oliver Spencer. Non manca la giacca da motociclista, un classico senza tempo, rivisitata dall’iconico marchio Belstaff. L’ultimo trend, l’Athleisure, è rappresentato dal giubbotto supertecno di Christopher Raeburn, mentre Band of Outsiders propone il suo colto understatement. Il check non manca mai, e infatti è di Vivienne Westwood il cappotto a maxiquadri nei toni del classico verdone e beige portato però con i pantaloni più amati dalla Westwood, che propone anche uno stile più rilassato, nei toni naturali, per un creativo fuori dal tempo e molto “cool”.
Dopo il trionfo ai Golden Globe, ( tutti premi meritatissimi ) arriva in Italia Tre manifesti a Ebbing, Missouri.
L’interprete principale è la bravissima Frances Mc Dormand, premiata come miglior attrice protagonista di un film scritto con i controfiocchi, miglior sceneggiatura a Venezia e ai Golden Globe, drammatico e divertente, intelligente, impegnato senza essere bacchettone, indipendente, profondo e spettacolare, con battute e svolte di narrazione continue. Una commedia nera dove dolore, rabbia e tensione, si mescolano raccontando l’America della provincia più profonda, quella tante volte rappresentata, del razzismo e della misoginia, ma da un punto di vista diverso e con un’ umorismo sorprendente dal regista angloirlandese Martin McDonagh. Il cuore del film, è la storia di una madre che lotta perché a sette mesi dalla morte della figlia, violentata e uccisa, sia fatta giustizia e siano catturati i colpevoli, e lo fa con rabbia, con dolore, rancore, determinazione, rivolgendo la sua furia spietata allo sceriffo e al suo aiutante, accusandoli di non aver fatto abbastanza per trovare gli assassini e affittando tre spazi pubblicitari giganti sulla strada che porta fuori dalla cittadina per scuotere dalla palude dell’immobilismo: “Violentata mentre moriva, ancora nessun arresto, come mai capo Willoughby?”. Mano a mano che la storia si sviluppa si comprendono le ragioni di tanto furore: Mildred è una donna divorziata da un marito violento, madre in rapporto conflittuale e insieme tenero con il figlio adolescente; dentro al suo dramma c’è tutta la ribellione ad anni, secoli di oppressione maschile, alla grettezza, all’ottusità, all’indolenza della polizia e forse anche alla corruzione. E’, in un certo modo, un film politico, nella misura in cui parla della nostra società,in un periodo storico in cui la lotta alla sopraffazione e al femminicidio sono nelle cronache di tutti i giorni, il personaggio forte, è femminile.Tutti i personaggi, anche il piu’ piccolo, sono stati curati nei dialoghi nei minimi dettagli, con un linguaggio sempre spiritoso e acuto senza mai sembrare finto, che non perde mai in intensità. Merito del regista e commediografo McDonagh, che riesce a creare una storia in cui il comico e il drammatico sembrano scaturire l’ uno dall’altro, in un crescendo di violenza, rabbia, irrazionalità, che sfocia nell’inverosimile, senza che ne risenta la verità dolorosa della storia e dei personaggi, un film “ruvido” e al tempo stesso poetico che lancia la sfida di un cinema umanistico, senza retorica, e contiene un messaggio, un invito a non arrendersi mai. Ebbing, riflusso. Da una situazione tragicomica che sfiora il surreale e mette in crisi di coscienza un’intera comunità costringendola a guardarsi dentro, nasce un segno positivo, un potenziale rinnovamento, l’uscita dalla stagnazione, dall’ottusità, dagli egoismi.
Ha 93 primavere e PITTI IMMAGINE UOMO è più vitale che mai. Dal 9 al 12 gennaio, tantissimi i brand presenti al salone culto della moda maschile con le collezioni autunno Inverno 2019, quasi la metà dei quali, internazionali. Il tema conduttore di questa stagione, filo conduttore tra arte e moda, è il cinema: il Piazzale della Fortezza sarà il cuore di “PITTI LIVE MOVIE” un vero e proprio “movie theatres district” , con locandine di film cult e pellicole indipendenti, e negli stand dei saloni inedite interpretazioni in tema. Attesissima la sfilata che celebra i 200 anni di BROOKS BROTHERS, con la presenza del patron Claudio Del Vecchio, che ha rilevato alcuni anni fa l’iconico marchio americano delle camicie botton down e i blazer blu, che ha vestito parecchie generazioni di presidenti americani, da Lincoln a Obama. Non meno attese le sfilate dei due designer giapponesi JUN TAKAHASHI che disegna Undercover, e TAKAHIRO MIYASHITA di The Soloist, alla Leopolda con due show consecutivi. C’è poi il mega evento da 600 invitati dell’apertura del GUCCI GARDEN in Piazza della Signoria: un bookstore, uno spazio per una collezione superesclusiva che sarà in vendita solo qui, un ristorante diretto dallo chef stellato Stefano Bottura, e il riallestimento ai piani superiori degli spazi reinventati dal genio creativo di Alessandro Michele. In Polveriera, nuova nata, la sezione ATHLOVERS, dedicata al trend dell’atlheisure, ultima trasformazione dell’ activewear, con un progetto speciale allestito in collaborazione con Reda Active e un team di aziende all’avanguardia nella ricerca dei tessuti più performanti per l’abbigliamento tecno-urbano. OPEN: è l’area dove le collezioni vanno oltre il concetto di maschile e femminile . L’ALTRO UOMO è la sezione di avanguardia, mentre in URBAN PANORAMA ritroviamo lo stile metropolitano tra denim, bikers ed influenze etniche. In MY FACTORY brand tecnologici e smart, i laboratori creativi della moda del secondo millennio. Questo e molto altro sul sito ufficiale
Eco pellicce, finalmente ! Probabilmente gli animali da pelliccia non possono ancora sentirsi al sicuro, ma gli stilisti quest’anno, si sono alleati ad una coscienza animalista globale in crescita e hanno riempito le passerelle di pellicce ecologiche, dai capi spalla agli accessori. Corte, lunghe, colorate o non, con cappucci o classici colli a revers, con intarsi, applicazioni, a pelo lungo o a pelo raso, firmate o a prezzi abbordabili, la scelta è veramente alla portata di tutti i gusti e le possibilità.
Fa parte dell’abum Utopia, uscito il 24 novembre, questo singolo minimalista, che parla dell’amore telematico tra due “music nerd”. Un brano delicato e un po’ malinconico che acquista potenza grazie ad un ‘intreccio di vocalità che sottolineano la tensione drammatica e la speranza di un amore che duri. La voce è accompagnata da un’arpa che fa da base alle incursioni elettroniche. La regia del video è di Tim Walker.
REVOLUTION è alla Fabbrica del Vapore, a Milano. La mostra è “partita” da Londra, fatto scalo a Montreal e approdata a Milano, per rivivere e documentare l’epoca della rivoluzione culturale che ha cambiato il DNA della nostra storia, nella quale la musica ha avuto un ruolo fondamentale, unendo sogni e speranze di tutta una generazione. Da Londra Beatles, Rolling Stones, Jimi Hendrix, Pink Floyd e una lunga serie di band eccezionali, e negli Stati Uniti Bob Dylan, i Buffalo Springfield e un’altra lunga serie di artisti altrettanto eccezionali . La politica sembra voler cambiare davvero il mondo: Che Guevara, Mao Tse Tung, Martin Luther King, Malcom X, Bob Kennedy. La poesia e la letteratura aprono strade fino ad allora impensabili: Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Norman Mailer su tutti. L’arte e la grafica mai così prolifiche e innovative: da Andy Wahrol a Hipgnosis, da Jasper Johns a Milton Glaser e tanti altri. La moda e le sue famose modelle: la minigonna di Mary Quant, gli stivaletti,Twiggy e Jean Shrimpton. Ma dietro e dentro a questi “ simboli” sono nati i movimenti che hanno dato vita a molte delle battaglie per i diritti che hanno modificato la nostra civiltà, e nella rivoluzione delle coscienze la musica diviene lo strumento di emancipazione dei vecchi costumi, si diffonde un desiderio di libertà e di uguaglianza, i ragazzi si trasformano in “cittadini del mondo”. “L’Uomo a una Dimensione” di H. Marcuse diventa la “bibbia” di tutti i movimenti. In tutto il mondo, a partire dagli USA, i movimenti studenteschi contestano i metodi di insegnamento nelle scuole e nelle università e chiedono libertà di parola con lo strumento dell’ assemblea, e presto la protesta si orienta verso temi che riguardano la politica, i diritti civili e la segregazione razziale.In mostra documenti originali che testimoniano le grandi manifestazioni contro la guerra in Vietnam, la lotta dei neri e del movimento femminista. Anche nell’Italia del “boom economico”, la protesta sorge nelle università, prevalentemente, contro i valori borghesi dominanti: l’individualismo, l’esaltazione della famiglia, il paternalismo, i pregiudizi di classe.
REVOLUTION Musica e ribelli 1966-1970 Dai Beatles a Woodstock
Curatori Victoria Broackes – Victoria and Albert Museum di Londra Geoffrey Marsh – Victoria and Albert Museum di Londra Fran Tomasi Clara Tosi Pamphili Alberto Tonti
FABBRICA DEL VAPORE Via Cesare Procaccini, 4 – 20154 Milano dal 2 dicembre 2017 al 4 aprile 2018
“ I VESTITI CHE CREO SONO LA MIA AUTOBIOGRAFIA. RAPPRESENTANO LA CALMA ELEGANTE A CUI ASPIRO E I DANNI CHE HO FATTO LUNGO LA SUA STRADA. SONO UN’ ESPRESSIONE DI TENEREZZA E DI UN ANIMO FURENTE. SONO UN’ IDEALIZZAZIONE ADOLESCENTE E LA SUA INEVITABILE SCONFITTA.” RICK OWENS
Sarà alla Triennale di Milano Subhuman Inhuman Superhuman, la prima retrospettiva dedicata alla creatività anarchica di Rick Owens, eclettico designer californiano scoperto da Anna Wintour, una delle voci più autorevoli del giornalismo di moda, per anni direttrice di Vogue America. Owens fonda il suo brand nel 1994 e si trasferisce a Parigi nel 2003, dove ha sede il suo quartier generale. La sua prima collezione di arredi, realizzata in compensato grezzo, marmo e corna di alce americano, è stata esposta al Musée d’Art Moderne di Parigi e al Museum of Contemporary Art di Los Angeles, ed altri importanti riconoscimenti sono stati attribuiti nel corso degli anni al suo talento visionario ispirato da poeti ed artisti. La mostra, proposta dalla curatrice del settore moda della Triennale Eleonora Fiorani, e concepita nella sua interezza come un’opera d’arte, porta all’interno del processo creativo ed espressivo dell’universo di Owens, con pezzi provenienti dai suoi archivi di moda e arredo, con fashion film, art work, opere grafiche, pubblicazioni, e un’istallazione site-specific che sarà possibile vedere solo alla Triennale di Milano. L’obiettivo della mostra è l’indagine e la riflessione su ciò che è generalmente definito “bello”secondo i canoni tradizionali dell’estetica riconosciuta e accettata. La cifra creativa e la continua ricerca di Owens stravolge i parametri di dogmi e moralismi, mettendo in evidenza diversità ed accettazione di diversi concetti di bellezza, raccontati con sofisticata raffinatezza dalle passerelle delle sue sconcertanti, spettacolari e provocatorie sfilate, a tutte le altre forme della sua espressione artistica.
Dal 15 dicembre 2017 al 25 marzo 2018
Palazzo della Triennale
Viale Alemagna 6 Milano
ASYMPTOTE, è il titolo del video che ha esordito come scelta finalista agli SHOW studio Fashion Film Awards 16, ha vinto al Milano Fashion Film festival di quest’anno come miglior nuovo film di moda e miglior nuovo regista, ed è incluso nel New York Short Film Festival e ASVOFF10 di Diane Pernet tenuto al Centre Pompidou di Parigi. E non è finita qui, è da poco stato proclamato vincitore ai Creative Awards Connections Milano, come miglior film di moda. E ora, dopo questo lungo elenco di riconoscimenti qualche parola sul film. Presentato nell’ambito dei fashion film, Asymptote, asintoto, termine geometrico/matematico per definire una tangente all’infinito, una retta a cui una curva si avvicina indefinitamente senza mai raggiungere il contatto, è in realtà un video d’arte prestato alla moda. Il linguaggio raffinatissimo e contemporaneo degli autori, la fotografa EVELYN BENCICOVA e ilvideo maker ADAM CSOKA KELLER, lo avvicina di diritto alle migliori e più significative performance artistiche, tanto da poterlo collocare all’interno di un percorso espositivo. E ’un mondo che sembra riportarci ad un passato non tanto remoto, rappresentato da uomini e donne robotizzati, privati di ogni propria volontà individuale e innaturalmente composti in una tetra rappresentazione, volta al fine di un annientamento consensuale, che non lascia spazio a nessuna speranza di ribellione, e che si riconnette tragicamente alla societàcontemporanea. Luci livide, colori freddi e i suoni oscuri di ARIELLE ESTHER completano questo quadro spietato e attualissimo.
Non più solo il caro, vecchio zaino compagno dei nostri viaggi minimalisti alla ricerca dell’avverntura e sinonimo di libertà; oggi il backpack, ha un ruolo irrinunciabile anche nelle collezioni delle star della moda, avvalendosi, rispetto alla borsa, della sua connotazione unisex nella quasi totalità dei casi – discorso a parte per le borse zaino come quelle per esempio, di Gucci o di Chloè in qesto servizio – e mantenendo quella marcia in più che è quella dei materiali speciali, ultraleggeri, idrorepellenti, di tasche, zip, e forme studiate per unire fashion appeal e praticità, e, ovviamente, gli spallacci. Dai modelli più classici ai monospalla, a quelli a tracolla, stampati, imbottiti, vintage, “college” o punk style, in pelle, in plastica o in tela, in migliaia di versioni, lo zaino non conosce rivali, e stagione dopo stagione conferma la sua leadership nella hit degli evergreen.
Abbiamo bisogno di vedere altro ancora? Che non c’ è più tempo da perdere è ormai chiaro anche per i più scettici. La terra chiama, è un grido disperato che dovrebbe già averci scosso parecchio tempo fa, e adesso è diventato assordante, tanto che perfino il presidente americano Trump, in un primo momento deciso a rompere il trattato di Kyoto, sembra essersi arreso all’evidenza dopo la devastazione di Harvey, e oltre 160 miliardi di dollari di danni. Se nulla poteva un minimo di responsabilità e di amore per il pianeta dove anche i suoi figli vivono, e le migliaia di vittime causate dai disastri ambientali, il salato conto in dollari presentato dagli ultimi accadimenti, incendi compresi, ha aperto la strada ai ripensamenti. Purtroppo gli interessi economici hanno sempre avuto un peso determinante sulle decisioni, e perfino sulle iniziative da prendere, anche solo per incominciare a tamponare i problemi della crescita esponenziale dell’inquinamento del Pianeta, con le drammatiche conseguenze che oggi vediamo sempre più spesso. E’ di questi giorni l’annuncio della nuova campagna di sensibilizzazione del WWF “ PLANET IS CALLING” . «È necessaria una grande pressione pubblica sui governi e sulle autorità politiche, e il WWF si batte per realizzare concretamente l’Accordo di Parigi sul clima e l’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, documenti sottoscritti da tutti i paesi del mondo in sede Nazioni Unite, e salvaguardare i sistemi naturali di tutto il mondo che costituiscono labase fondamentale del nostro sviluppo e del nostro benessere» ha dichiarato Donatella Bianchi, presidente del WWF Italia. «Al fianco di questa opera di pressione tutti possiamo fare qualcosa ogni giorno, con azioni concrete, per ridurre il nostro impatto sulla natura. E già oggi sono tanti gli esempi di soluzioni adottate da comunità in tante parti del mondo che stanno facendo la differenza». Il Wwf ha anche realizzato l’album 2017, sette segnali, lanciati in diverse parti del Pianeta, che mostrano l’impressionante effetto del crescente cambiamento climatico e di altre nostre irresponsabili, deprecabili azioni. L’arretramento delle banchise polari e lo scioglimento dei ghiacciai, la desertificazione che con la conseguente crisi dell’habitat costringe un numero sempre più ampio di persone all’immigrazione di massa, mari e oceani invasi dalla plastica, incendi, degrado degli ambienti naturali e perdita continua di specie viventi. Una visione apocalittica? No, purtroppo questa è la realtà’, il momento di agire è già qui. ADESSO.
Inizia oggi, al BASE, attivissimo centro culturale di Milano, la seconda attesa edizione di Photo Vogue Festival, il primo festival internazionale della fotografia di moda legato ad un magazine. La moda, spesso etichettata come frivola, è invece l’espressione di chi siamo, chi vogliamo o vorremmo essere, di come ci poniamo al mondo, e in ogni caso, la prima impressione che diamo al prossimo. Gli abiti ci rappresentano, fanno antropologicamente parte della nostra storia, declinata in tutte le sue espressioni: fotografia, cinema, letteratura, arte, musica. Al di là dell’importanza economica del settore, la moda è un fenomeno socio-culturale ineluttabile, nato con la specie umana, che si evolve e si trasforma continuamente, seguendo e a volte anticipando, cambiamenti e rivoluzioni sociali che vengono anche racccontate, come storie, negli editoriali di moda che si sono succeduti negli anni, attraverso le interpretazioni di grandi fotografi. Vogue Italia presenta, in questa edizione, una collettiva dal titolo FASHION & POLITICS IN VOGUE ITALIA che ripercorre gli argomenti della nostra storia più recente : guerre, catastrofi ambientali, differenze di genere, discriminazioni razziali, violenza, ossessione per la chirurgia plastica, attraverso le immagini di Steven Meisel, David Lachapelle, Bruce Weber, Tim Walker,Peter Lindbergh, Miles Alridge, Mert & Marcus, Ethan James Green e Elen Von Unwerth, a riprova del fatto di come, spesso, la fotografia di moda abbia sfumature politiche e rifletta i nostri tempi. Ma l’obbiettivo principale del festival organizzato da Vogue è lo scouting, la presentazione e la premiazione dei più promettenti talenti della fotografia che potrebbero essere i protagonisti delle storie di moda di domani. In PHOTOVOGUE / VISION sono in mostra le opere di 18 giovani fotografi giunti attraverso l’autocandidatura sulla piattaforma fotografica di Vogue.it e selezionati da una giuria internazionale. Completano il programma delle quattro intense giornate, diretto da Alessia Glaviano, photo editor di Vogue Italia, una serie di talk con esperti del panorama fotografico mondiale, proiezioni, e la presenza di curatori di fama, editori e photo editor. Sabato 18 novembre si terrà una Portfolio Rewiew dedicata ad alcuni talentuosi fotografi selezionati, che avranno la possibilità di sottoporre il loro portfolio ai più accreditati professionisti del settore.
16 – 19 Novembre 2017
BASE MILANO
Via Bergognone 34
Milano
Storie è la grande mostra monografica dedicata a Paolo Roversi , un maestro della fotografia di moda tra i piu grandi e celebrati, promossa e organizzata da Vogue Italia, in occasione di Photo Vogue Festival, curata da Alessia Glaviano, photo editor di Vogue Italia, e ospitata nello spazio espositivo delle 9 stanze degli Appartamenti del Principe al Palazzo Reale di Milano. Nove stanze per nove storie. Le fotografie di Paolo Roversi,non sono “ solo “ foto di moda, sono viaggi intimisti alla ricerca di una poesia, sono dipinti alla ricerca del sentimento della luce. Ritratti, nudi, still life, tutte le sue foto esprimono un’ anima, dalla più intima alla più glamour, alla continua ricerca della bellezza, una bellezza fragile, eterea,di un’intensità deflagrante, magica come un sogno. La sua “ firma”, la cifra stilistica che è l’impronta inconfondibile dei suoi lavori, è nata con la sperimentazione della Polaroid 20 x 25 della quale è stato uno dei pionieri.
Si è svolto al BASE di Milano il Fashion Graduate Italia, tre giorni di workshop, talk e sfilate, dove gli studenti selezionati dalle più accreditate scuole di moda italiane, hanno presentato le loro collezioni di fine corso nell’ambito di un’ evento aperto a tutti, voluto e organizzato dalla Piattaforma Sistema Formativo Moda italiano, per fornire una panoramica ai ragazzi interessati a questo settore e metterli in relazione con i diversi aspetti del sistema moda. Specialisti di marketing e comunicazione, giornalisti, designer e financial advisor le presenze professionali che hanno dato il loro contributo ad una kermesse che è stata un’occasione di scambio dinamico e concreto tra creatività e impresa. Tra le tante scuole che hanno partecipato all’evento, qui, un’estratto delle sfilate di Domus Academy, IED, Istituto Marangoni e Naba.
DOMUS ACADEMY
IED
ISTITUTO MARANGONI
NABA
Courtesy Photo: Daniele Venturelli / Domus Academy – IED Milano – Istituto Marangoni – NABA Milano
Presentato il 10 novembre a N.Y The Cal, l’iconico calendario Pirelli, fotografato da Tim Walker che hareinterpretato per l’edizione 2018,“ Alice nel Paese delle Meraviglie “. Famoso per le sue foto oniriche, Walker riporta il colore in The Cal – dopo le ultime due edizioni in bianco e nero firmate da Peter Lindbergh e Annie Leibovitz – in un contesto a lui congeniale, tra le torte ( vere ), le tazze di porcellana, i velluti e le sete del fastoso set ideato dalla direttrice creativa Shona Heat, la geniale scenografa con la quale collabora da anni, ideatrice di molte delle sue campagne e dei suoi editoriali di moda. Ma quello che contraddistingue l’ennesima rappresentazione della celebre favola di Lewis Carroll, 28 scatti in venti differenti e straordinari set, è il cast, per il quale Walker ha voluto persone solo e strettamente di colore: l’attrice Whoopi Goldberg (La Duchessa) la modella Adut Akech (Regina di Diamanti), la modella e attivista Adwoa Aboah (Pancopinco, noto anche con il nome inglese di Tweedledee) l’attore Djimon Hounsou (Re di Cuori), l’attrice Lupita Nyong’o (Il Ghiro), la drag queen RuPaul (Regina di Cuori) la modella Slick Woods (Il Cappellaio Matto) e Naomi Campbell – al suo quarto calendario Pirelli – nella veste di una delle carte da gioco che taglia le teste per ordine della Regina insieme al rapper Sean «Diddy» Combs, meglio noto come Puff Daddy, mentre il ruolo della protagonista, Alice, è stato affidato a Duckie Thot, una delle top model più richieste del momento. La scelta ovviamente non è casuale, e il messaggio di inclusione e di società aperta alle differenze, facilmente intuibile. Il Bianconiglio? Che domande, nero.
The Square è il perimetro di un quadrato situato a terra, un’opera la cui didascalia dice : “Il Quadrato è un santuario di fiducia e altruismo. Al suo interno tutti dividiamo gli stessi diritti e doveri.
Il protagonista del film è il curatore di un museo d’arte moderna che perde il suo aplomb di ingessato intellettuale quando un imprevisto mette in crisi la sua vita costruita su comode ipocrisie, rivelando un uomo sgradevole e confuso. Commedia satirica dove la presa in giro del mondo elitario dell’arte contemporanea sembra l’ovvio bersaglio, The Square è in realtà una fotografia per niente confortante del mondo odierno, che mette a nudo attraverso la pochezza vanesia del suo protagonista, la cinica immaturità di una società che non ha voglia di fare i conti con se stessa, e una certa illuminata intellighenzia tronfia di buonismo che al momento opportuno si volta elegantemente dall’altra parte. Due ore e venti di comicità e situazioni paradossali, silenzi e piccoli movimenti.
All’Hangar Bicocca di Milano “ Take Me ( I’m Yours ) “ una collettiva che rompe i canoni di ogni regola con la partecipazione attiva dei visitatori, invitati ad intervenire. Le opere si possono toccare, usare, modificare, consumare, se ne possono prendere pezzi e lasciare qualcosa di proprio. Si possono prendere copie del poster che Maurizio Cattelan ricevette in dono da Alighiero Boetti, mangiare i cioccolatini di Carsten Hoeller con la scritta “Future” sull’involucro, scattarsi un selfie e aggiungerlo alle foto di Franco Vaccari, farsi ritrarre da un disegnatore o disegnare un modello in posa nello spazio performativo di Francesco Vezzoli, o appendere agli alberi di limone Wish Trees di Yoko Ono, dei biglietti con i propri desideri. Scambio attivo del prendere/dare quindi, dove l’intervento individuale diventa espressione di massa modificando l’oggetto e l’idea che lo esprime, in una trasformazione continua e libera da dogmi che si evolve e si rigenera nel tempo. L’idea è quella della continuità dello scenario globale della storia e della società contemporanea. La mostra è stata allestita per la prima volta nel 1995 alla Serpentine Gallery di Londra e poi ripresa a partire dal 2015 in molteplici versioni, passando da Parigi, Copenhagen, New york e Buenos Aires, nata da una serie di conversazioni e riflessioni tra il curatore Hans Ulrich Obrist e l’artista Christian Boltanski, sulla necessità di ripensare al modo di esporre un ‘opera d’arte. L’idea del progetto è partita da un lavoro dello stesso Boltanski, “ Quai de la Gare “ nel quale mucchi di vestiti venivano modificati nel corso della mostra permettendo al pubblico di prenderli e portarseli via in una busta marchiata con la scritta “ Dispersion “ e rendendo effettivo il significato e il titolo dell’opera, destinata a disperdersi e scomparire. L’opera è presente a Milano, insieme a quelle di circa cinquanta artisti, tra i quali 15 italiani, allestite nei mille metri quadri dello Shed di Pirelli HangarBicocca. Workshop, performance ed eventi speciali completano la mostra, che è visitabile fino alle 21,15 ( ultimo ingresso ) ma è consigliata, e durante i weekend necessaria, la prenotazione.
Hangar Bicocca Via Chiese 2. Milano.
Dal 1 Novembre 2017 al 14 Gennaio 2018
Curatori: Chiara Parisi,Roberta Tenconi,Hans Ulrich Obrist,Christian Boltanski
Riusciamo ad immaginare Woody Allen senza la sua spessa montatura nera ? E se diciamo John Lennon possiamo fare a meno di visualizzarlo con quelle piccole lenti tonde che hanno quasi preso il suo nome ? Su Iris Apfel, fotografata come una star o una supermodella, gli occhiali tondi ed enormi sono una firma del suo personalissimo stile: dichiara di essersi innamorata delle lenti giganti da ragazzina e di non averle lasciate mai più. Le montature da vista non sono più le cenerentole del variopinto mondo dell’eyewear, molto spesso ci definiscono, sottolineano i cambiamenti del look, rispecchiano il nostro essere o il nostro umore, tra forme vintage e ultra moderne. Il 2018 segna il grande ritorno del metallo, bianco, oro o rosso che sia, ma nella sconfinata offerta dell’eyewear, le tentazioni sono tante e tutte da provare.
Fondazione Prada presenta nella sede di Milano dal 20 ottobre 2017 al 15 gennaio 2018 un programma di ricerca e di informazione sull’arte sviluppatasi a Chicago nel secondo dopoguerra. La mostra prosegue la strategia di rilettura della Fondazione di momenti della storia dell’arte contemporanea che, anche se non riconosciuti completamente dalla critica, hanno segnato l’attualità delle nuove generazioni artistiche, dai graffitisti ai neotecnologici. L’operazione di attraversamento di una pittura caratterizzata dall’impegno politico, dalla narrazione figurativa e dalla radicalità grafica, e per questo rifiutata dalla cultura dominante newyorkese più interessata alla dimensione astratta e impersonale dell’arte, è articolata in tre approfondimenti tematici concepiti e curati da Germano Celant come un unicum – “Leon Golub”, “H. C. Westermann” e “Famous Artists from Chicago.1965-1975” – e dedicati a due generazioni di artisti formatesi a Chicago tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Questo progetto contribuisce a indagare la produzione artistica nei due decenni fuori dai principali centri di diffusione dell’arte, da Parigi a New York, per focalizzarsi sullo sviluppo di scene alternative nate intorno a scuole e accademie d’arte, in questo caso la School of the Art Institute of Chicago, e in competizione o in posizione critica rispetto al discorso industriale e riduttivo della Minimal Art. “Leon Golub”, la prima parte del percorso espositivo, affronta due aspetti complementari della produzione dell’artista, presentando 27 acrilici su tela, di spettacolari dimensioni, realizzati dalla fine degli Sessanta agli anni Ottanta e più di 50 fotografie stampate su carta trasparente negli anni Novanta.Golub (Chicago, 1922 – New York, 2004), fin dalla sua formazione a Chicago, esplora un personale approccio alla figurazione, discostandosi dallo stile dominante dell’Action Painting e dell’Espressionismo astratto della New York School. L’esposizione si concentra sulle componenti politiche del suo lavoro che affronta apertamente la durezza della guerra, del razzismo, della tortura e della violenza. Nel corso degli anni, i suoi soggetti sono sempre più estremi, come i riferimenti diretti alla guerra in Vietnam che, trasportati sulle grandi tele – nella serie Mercenaries, ad esempio – diventano simboli della condizione para-militare della vita contemporanea. Nelle trasparenze fotografiche Golub manipola e altera immagini esistenti degli stessi soggetti drammatici e tragici e, dopo averli fotocopiati o fotografati, li trasferisce su grandi fogli trasparenti che enfatizzano il crudo realismo della sua opera. L’approfondimento dedicato a H. C. Westermann raccoglie più di 50 sculture di grandi e piccole dimensioni realizzate tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta e una selezione di opere su carta ed esplora il particolare e intenso approccio alla lavorazione del legno che gli deriva dalle tradizionali tecniche di carpenteria. Il rifiuto per il formalismo e la predilezione per i materiali di recupero, così come la visione nostalgica verso un’America scomparsa e lo sguardo critico sulla brutalità del presente, sono diventati elementi d’ispirazione per le successive generazioni di artisti attivi a Chicago e non, da Jeff Koons a KAWS (Brian Donnelly). “Famous Artists from Chicago. 1965-1975”, è concepito come un approfondimento dell’opera di artisti attivi negli anni Sessanta e Settanta e protagonisti di mostre che mettevano in discussione le tradizionali convenzioni espositive, di presentazione e fruizione dell’opera d’arte, come “Hairy Who” (1966-‘67), “False Image” (1968-‘69), “Nonplussed Some” (1968-’69), organizzate all’Hyde Park Art Center di Chicago, e l’esposizione itinerante “Made in Chicago”, presentata per la prima volta alla Biennale di San Paolo nel 1973. Il titolo della mostra alla Fondazione riprende la necessità, espressa dall’allora curatore e insegnante Don Baum, di proiettare gli artisti di Chicago sulla scena nazionale e internazionale. “Famous Artists from Chicago. 1965-1975” dimostra la vivacità dell’ambiente culturale della città americana come centro di produzione figurativa e l’eterogeneità dei contributi di alcuni degli artisti noti come Chicago Imagists (Roger Brown, Ed Flood, Art Green, Gladys Nilsson, Jim Nutt, Ed Paschke, Christina Ramberg, Suellen Rocca e Karl Wirsum), che avevano individuato nel Surrealismo e nell’Art Brut le radici delle loro ricerche, così da anticipare le nuove espressioni degli anni Ottanta e Novanta, dal Graffitismo alla Street Art, dai cartoons selvaggi ai murales urbani. Il progetto è accompagnato da tre pubblicazioni della serie dei Quaderni della Fondazione che, attraverso testi e materiali inediti, ne approfondiscono i temi.
20 Ottobre 2017- 15 Gennaio 2018 Fondazione Prada
Largo Isarco 2 Milano
Nelle sale italiane dal 16 al 24 ottobre, LOVING VINCENT, il primo film di animazione interamente dipinto da 125 artisti in sei anni di lavorazione. Il film, recitato prima da attori e poi dipinto inquadratura dopo inquadratura nello stile di Van Gogh, racconta la vita dell’artista con i personaggi dei suoi quadri, come lo stesso Van Gogh ha dipinto nelle sue opere i sentimenti e gli accadimenti della sua vita. I registi Dorota Kobiela e Hugh Welchman hanno costruito la sceneggiatura servendosi delle lettere dell’artista ( circa 800 tra scritte e ricevute ) per un biopic nel quale la tormentata vita del pittore è raccontata dalla sua arte attraverso il cinema. Davvero imperdibile questo straordinario, unico racconto, che regala momenti di vera magia.
Difficile, come sempre da qualche anno a questa parte, dare una risposta a chi ci domanda quali sono le tendenze più hot per la prossima stagione. Abbiamo visto di tutto, e questo riconferma che finalmente il fashion system si è lasciato alle spalle quelli che una volta erano i dogmi del si usa e non si usa più. Liberi tutti di reinterpretarci ad ogni stagione o seguire un nostro personale stile semplicemente aggiungendo nuovi pezzi, invece di cambiare pelle ogni anno. Ma qualcosa si può dire, ogni tanto. Ci sono delle “ correnti “ sulle passerelle di N.Y, Londra, Milano e Parigi ( in ordine di apparizione ) e anche se tutto si ripete, come le righe, che trovano sempre un posto nelle proposte dell’estate, alcune tendenze sono apparse un po’ovunque. Redivivo l’animalier, tanto che anche Prada lo ha proposto, in modo insolito, dissacrante, come nello stile della signora della moda. Moltissimi i trench, gli spolverini, gli impermeabili, che certo, non erano mai scomparsi, ma tornano a fare la parte del leone su giacche e caban. E frange, ma non pensate al cow-boy style, frange contemporanee firmate Chanel, Acne Studios, Dior. Trasparenze come se piovesse, tanti quadri e quadretti, ancora, e tornano in grande stile le asimmetrie. Le piume sono forse la vera “new entry “. Una su tutte ? Il new romantic, decisamente.
Le triple suole appartengono a tre diverse discipline sportive: corsa, basket e atletica, sono le sneaker più discusse di stagione. Certo non si può dire che passino inosservate, o che non trasmettano una sensazione di calore e di comfort, e certo anche che portarle con il completo da ufficio come proposto dalla celebre Maison, rende contemporanea l’immagine del corporate man, anche se in molti la forma massiccia e l’azzardo dei mix tra colori e materiali può lasciare perplessi. Andate sold-out nel pre- ordine online, l’ardua sentenza le attende ora, distribuite in tutti i punti vendita.
Continua la collaborazione tra GUCCI e USKILLED WORKER, pseudonimo di Helen Downie, l’illustratrice inglese scoperta su instagram da Alessandro Michele, che sfocia ora in una CAPSULE COLECTION ESCLUSIVA di 40 pezzi tra capi di abbigliamento, borse, scarpe, e accessori sui quali sono raffigurate le opere dell’artista nel suo riconoscibilissimo stile naif. Fiori,frutti,ritratti, stampati su abiti, camicie e gonne, cardigan, jeans e felpe, un bomber, foulard e scialli, ( e non mancano le sneaker Ace e le pantofole Princetown ) dove lo stile di Michele e Helen Downie si fondono in perfetta sintonia dal primo all’ultimo particolare, fino alle confezioni, chicche quasi da collezione, create appositamente per la capsule e decorate con le illustrazioni di Unskilled. In occasione del lancio della collezione una serie di opere dell’artista saranno esposte a Londra, New York, Milano, Parigi, e Shanghai. Un’opera dipinta in esclusiva si potrà scaricare gratuitamente su Gucci e Unskilled Worker dall’11 ottobre 2017, giorno in cui la collezione sarà in vendita, SOLO ONLINE.
Dal 28 settembre all’8 ottobre, queste le date del Milano Film Festival ,un appuntamento imperdibile con una programma fittissimo di cinema indipendente con molte anteprime, proiezioni, rassegne e incontri, serate musicali, arti visive, eventi speciali, mostre. Non solo cinema dunque, ma una vera kermesse culturale che abbraccia trasversalmente tutte le arti. Undici giorni di contemporaneità, ricerca, aggregazione, idee, scambio culturale, tanto che non ci si accorge del passare del tempo e quando finisce se ne vorrebbe ancora. Oltre al programma del CONCORSO INTERNAZIONALE LUNGOMETRAGGI che comprende otto opere prime e seconde presentate in anteprima, girate da registi provenienti da ogni parte del mondo, il CONCORSO INTERNAZIONALE CORTOMETRAGGI, la sezione ormai storica dedicata al documentario politico “COLPE DI STATO”, il “FOCUS ANIMAZIONE ” la sezione “VIDEOESPANSO” di video musicali dedicata al linguaggio a metà strada tra il cinema e il web, e ancora , “DEBUT”,una serie di appuntamenti per colmare il vuoto di connessione tra l’industria e chi vuole iniziare a fare cinema, AUDIOVISIVA, un programma di interazioni tra musica, arte e tecnologia, e non manca nemmeno uno spazio per i più piccoli: MILANO FILM FESTIVALINO. Proiezioni fuori concorso: mai distribuito in Italia, “20TH CENTURY WOMEN di Mike Mills con Annette Benning, e ancora MANIFESTO di Rosenfeldt, COLUMBUS di Kogonada , TONY CONRAD. COMPLETELY IN THE PREESENT di Tyler Hubby, che racconta la vita del’artista che fu fonte di ispirazione per i Velvet Underground, film maker visionario ed eclettico,e ancora : GIRL POWER di Jan Zajicek, doc sulle donne graffitare e la loro street art. Si inaugura durante il Festival la SALA 360°, la prima sala cinematografica in Italia in Realtà Virtuale, esperimento che si estenderà per 6 mesi con ospiti speciali e incontri di approfondimento sulle novità della produzione video di devices di realtà aumentata e virtuale. E non è finita qui, mostre e musica non possono mancare. NOI, MILANO 1968- 1977 è la raccolta della memoria storica di un periodo indimenticabile che ha dato inizio ad una rivoluzione culturale che è diventata parte della città. 14 ore di filmati girati dal Collettivo Cinema Militante. Altra mostra da non perdere è “ ANTONIONI, ARCHEOLOGIA DEL SET “, che attraverso le foto di scena di “ l’Avventura “ e “ Deserto Rosso “ di Enrico Appetito, cerca la relazione tra il regista e la natura. Non esiste cinema senza musica, e non esiste Milano Film Festival senza festa e senza eventi musicali. Ogni giorno un DJ set da scoprire.