Nel servizio : Arthur Arbesser, Lolie Dahl, Calcaterra, Ter Et Bantine, Fracomina, Drome, Chiara Boni, Caban Romantic, Annarita N, Italia Independent, Oxydo, Miu Miu, Tom Rebl, Face a Face, Woodone, Imoon, Prada, Calvin Klein, Quattrocento.
Willy Wanderperre, classe 1971, belga. Ha studiato moda e fotografia alla Royal Academy di Anversa dove ha conosciuto Raf Simons, fashion designer che non ha bisogno di presentazioni, lo stylist di fama internazionale Olivier Rizzo e il make up artist Peter Philips,oggi direttore creativo e immagine di Christian Dior trucco,stabilendo con loro un legame di amicizia e di stretta collaborazione cresciuto negli anni e iniziato già dalla prima collezione di Simons. Collabora per le maggiori riviste internazionali come I-D, Another Magazine, Another Man, Love, Vogue International, L’Uomo Vogue, V Magazine, Arena,Pop, e ha realizzato campagne per Jil Sander,Dior Homme,Gucci, Raf Simons, solo per citarne alcuni. La sua arte arriva da un’interiorità che ha forti riferimenti emotivi e solide basi umane e conosce il segreto della luce, e la sua figura alta,da adolescente,unite alla leggendaria riservatezza,sono tutt’uno con la poesia pura e graffiante delle sue immagini e uno stile che non lascia indifferenti.Pubblichiamo l’estratto di un’intervista che offre un quadro esauriente della sua personalità e della sua relazione con la fotografia.
Intervista di Wayne Sterling per A Models.com
Potresti iniziare raccontandoci un po ‘del tuo background e come sei diventato un fotografo di moda? Sono cresciuto nel sud-ovest del Belgio, e in tenera età ho capito che che il mio sogno era fare qualcosa di creativo. Ero ossessionato, e seguivo un corso di arte ogni fine settimana. A tredici anni ho iniziato a frequentare una scuola d’arte, nelle vicinanze dove ho vissuto, nella stessa provincia, nelle Fiandre occidentali..Quando ho compiuto i diciotto anni,era il periodo in cui la moda era molto importante in Belgio. Erano gli anni del boom degli stilisti belgi ed ero molto influenzato della moda, questo mi ha dato la spinta che ci voleva per decidermi a studiare moda presso l’Accademia Reale di Belle Arti di Anversa. Quando sono arrivato ad Anversa, Margiela aveva appena iniziato, ma stava già facendo una sfilata dopo l’altra a Parigi. Erano i primi anni ’90, il periodo in cui la moda e la fotografia, e la fotografia d’arte hanno iniziato a flirtare l’uno con l’altro, come un cross-over dove era accettabile per un fotografo d’arte fare fotografia di moda e viceversa. Quello è stato il mio periodo di transizione, quando ho capito che per me il mezzo fotografico era più interessante. Ero più emozionato e interessato a cercare immagini, scattare foto, creare il mondo che circonda la moda,che alla moda stessa,perché ho sempre pensato che alla fine, per tradurre e catturare l’emozione che volevo, era più efficiente farlo con le immagini. Credo che questo sia il motivo principale per cui sono passato dallo studio di moda alla fotografia. Sembra che quei giorni all’Accademia Reale di Belle Arti abbiano avuto una forte influenza sulla tua estetica. Oh sì, di sicuro, arrivavo alla grande città’ … Anversa … e al solo entrare in quell’ antico edificio ( risale al 1600) dove i corridoi erano pieni di statue greco romane e rinascimentali, la sensazione e il peso di tutta quella storia si facevano effettivamente sentire. E’ stato abbastanza impressionante.Era il passaggio dall’ 80 al “90”, la reazione tra minimalismo e decostruzione, la prima apparizione del grunge, così quella sensazione di romanticismo, insieme alla storia, all’edificio con i suoi corridoi malandati e le statue, hanno avuto una grande influenza sulla formazione del mio linguaggio visivo. Credo davvero che ci fosse qualcosa di oscuro e di magico, in perfetta armonia con lo spirito del tempo del periodo. Questa “estetica”, è individuale, accomuna il talento di quella generazione o è qualcosa di istintivo nella cultura belga?
Non lo so … penso che forse è una caratteristica culturale belga. Il Belgio è un paese molto piccolo. Non siamo mai stati conquistatori. Penso che abbia molto a che fare con l’individualismo delle persone. Un’ introversione ai sentimenti.
Come è nata la lunga collaborazione con Olivier Rizzo? Ho incontrato Olivier il primo giorno di scuola di Anversa. Siamo amici da allora. Abbiamo iniziato nello stesso anno l’Accademia, e subito dopo la laurea abbiamo iniziato a lavorare insieme. Era soprattutto durante il fine settimana, il sabato e la domenica che sperimentavamo insieme i nostri shooting. Olivier era lo stylist, io fotografavo e Peter Phillips, che era all’Accademia con noi, era il make-up. Le location erano appena fuori casa o nel nostro salotto, sempre in luce naturale, molto cruda, e quello che cercavamo era cogliere l’emozione nelle espressioni dei modelli. Il soggiorno in cui abbiamo lavorato dall’inizio, era orientato perfettamente per offrirci la luce che volevamo e il Belgio ha una magnifica luce diffusa. Abbiamo fatto le cose che volevamo raccontare al mondo. Crude ed emozionali. Direi che è stata una ricerca di emozioni vere, che la gente ha percepito. Quelle che è fantastico del lavoro con Olivier, è ci conosciamo e lavoriamo insieme da tanti anni e ci capiamo perfettamente. Ci fidiamo l’un l’altro, ma allo stesso tempo non vogliamo cadere nella ripetizione e cerchiamo sempre di trovare qualcosa che porti il nostro lavoro verso nuove direzioni, di fare qualcosa di inaspettato in termini di immaginario o in termini di stile, e questa è la cosa più bella, e la facciamo con l’amicizia e la fiducia reciproca. Spero che potremo continuare a lavorare insieme per sempre, perché è una persona di grande talento. Avete mai pensato che il lavoro che facevate durante i weekend avrebbe potuto trovare un uso commerciale?
Eravamo tutti molto ingenui allora. Avevamo fatto uno shoot, questa era la cosa più importante! Ero ossessionato da una ragazza, Chloe Winkel, e un ragazzo, Robbie Snelders. Lui e lei … abbiamo sempre lavorato con loro, erano una grande fonte di ispirazione. Quelle immagini sono state anche l’inizio del legame con Raf Simons. Raf era un nostro caro amico e lui aveva appena iniziato la sua prima collezione. I suoi vestiti erano perfetti per il mood di quel momento, e abbiamo lavorato molto con i vestiti di Raf, mescolandoli a quelli di Robbie e Chloe e un sacco di vintage. Una di quelle prime immagini è stata scelta per una mostra e notata da Terry Jones della rivista ID . Ed è stata la nostra prima pubblicazione. Da allora ogni volta che avevamo qualcosa di nuovo da proporre lo inviavamo alla rivista ID dicendo: “Questo è quello che abbiamo fatto. Vi piace? Volete pubblicarlo ? ” fortunatamente piaceva, e abbiamo semplicemente continuato. Inoltre Alix Browne, che lavorava per la rivista V, in quel momento era ad Anversa, ci siamo incontrati e abbiamo incominciato a parlare. Non sapeva chi ero, non sapevo chi fosse. Lei era ad Anversa per, il lancio di V Magazine. V Zero ha visto la pubblicazione di alcune immagini che avevamo prodotto, la mia prima pubblicazione negli Stati Uniti. Era Robbie, ancora lo stesso ragazzo, con un Topolino dipinto sul suo volto. Abbiamo iniziato a collaborare con loro allo stesso modo. Hanno commissionato, abbiamo proposto. Non abbiamo mai pensato che continuando in quella direzione avremmo potuto avere un successo commerciale. Appena fatte le foto le inviavamo. Per noi era divertimento. Più tardi, a un certo punto abbiamo incominciato a pensare all’applicazione commerciale del nostro lavoro. Pensi che il processo mediante il quale un giovane fotografo sviluppa uno stile e la sua “firma”, sia unico? Penso che quello che è stato ancora è … e che si deve rimanere fedele a chi sei, e mi sento di avere di espresso, onestamente … quello che sono. Naturalmente si assorbono un sacco di cose ed è del tutto naturale Parlando di timeline, cerchi di spingere la fotografia di moda per avere un significato più grande e più duraturo, oppure sei felice semplicemente di lavorare su una bella immagine in quel momento?
A volte si pensa al bel quadro. Ma si tenta anche di esprimere attraverso le immagini e attraverso la fotografia lo spirito del tempo, a ciò che sta accadendo nel mondo in quel momento. Non si tratta solo di vestiti, è anche emozione. A volte il bel quadro è abbastanza, ma poi penso: ” Questa moda sarà di aiuto ? Avrà un impatto? Saprà dare qualcosa? Sarà più di una bella immagine? C’è un’ influenza dell’arte contemporanea nel tuo stile ? Sono stato molto influenzato dai pittori fiamminghi, la luce di quei dipinti, le forme dei corpi, l’emozione e il dramma. Ho assorbito molto di questo. E ‘ancora parte della mia firma, ma sono sempre stato ricettivo a quello che mi attrae. In questo momento c’è molta pittura, scultura e danza. Sempre Francis Bacon, sempre Lucien Freud, l’energia grezza, il movimento. Jenny Saville, la consistenza e l’astrazione. Ci sono contemporanei fiamminghi / belga che trovo molto stimolanti: Berlinde De Bruyckere, lei scolpisce, trasforma i corpi umani / animali in forme e ciò chefa è abbastanza spettacolare. In modo simile l’idea di morphing, emozioni crude e il movimento, ma attraverso un mezzo diverso, c’è Anne Teresa Keersmaeker per la danza, quello che può evocare è incredibile. Michael Borremans, fa questi dipinti sorprendenti e anche Cris Brodahl … le sue sono quasi come un quadro Man Ray, surreale, suggestivo, un po ‘scomodo. La religione è un filo rosso attraverso fuori tutto questo, credo. Sono cresciuto con l’idea della colpa cattolica, che è così fiamminga. E ‘il nostro patrimonio, il cattolicesimo è ovunque. Come per esempio, quando avevo sette anni, quando invece di essere portato in viaggio per il parco si andava a vedere dungeon e tombe. E ‘stato molto impressionante. Ma davvero mi ha formato in quello che sono. Questi artisti belgi che ho citato hanno ancora in sè, quella vera sensazione di piccola città con senso di colpa cattolico. E ‘molto belga. E ‘una idea molto interessante e torna alla questione della qualità emotiva della tua fotografia. Rispetto a quando hai iniziato, data la sovrabbondanza di immagini oggi, pensi che la fotografia di moda sta perdendo la sua urgenza?
No. Non credo proprio. Penso che quello che si può dire è che a volte la magia è persa.Tutto viene bloggato. Tutto è dietro le quinte, e out-take da dietro le quinte. Ci si sente come quando a volte il mistero e la cosa che ti fa sognare quando si guarda un quadro, sta svanendo. C’è tanta schifezza, ma ci sono anche un sacco di informazioni che sono importanti e sono un bene prezioso . La rete resta un mezzo fantastico. Penso che sia la stessa cosa con le immagini. Ce ne sono molte che proprio non vale la pena di vedere, ma è interessante il processo di selezione da parte dell’utente, in quanto può fornire un’idea di quanto c’è intorno, e alla fine la gente seleziona ciò che vuole e che sente di proprio interesse. Il mondo della moda è diventato sempre più digitalizzato, ha cambiato la natura o l’approccio del tuo image-making?
Penso che si dovrebbe sempre rimanere fedele al proprio stile, ma allo stesso tempo non avere paura della sperimentazione. Altrimenti rischi di rimanere bloccato. Rimanere fedele al tuo stile non significa che debba diventare un manierismo. Fedele al tuo stile è l’emozione che si mette nelle proprie foto. Penso che il tuo stile può essere trasferito o trasformato in qualcosa che è completamente digitale e migliorato. Credo che, ancora una volta, si tratta di un processo di evoluzione che è molto bello. Le cose devono evolversi. Il passaggio dalla pellicola al digitale è stato un’ esperienza di appretrattamento della luce è a volte completamente diverso. Parlo con mia nipote, che ha 9 anni, su negativi e polaroid. Lei non conosce l’esistenza di queste cose (ride). Credo che si debba abbracciare il mondo di oggi. Se si rimane concentrati su quello che si è fatto molto tempo fa, o si sta ancora facendo, non ci si spingerà in avanti in modo creativo. Ci si deve evolvere, abbracciare la tecnologia. Si potrebbe fare tutto con un computer al punto in cui non si riconoscerebbe più l’immagine originale. Potrebbe diventare una cosa totalmente diversa. Ma non è una situazione in cui direi “Oh no, io non lo farei mai alla mia immagine” Se funziona per la tua immagine, perché no. E se non funziona, almeno ci hai provato, hai esplorato un’altra possibilità .. Vedi i fashion film come editoriali estesi, cortometraggi, o un nuovo mezzo a sè? Voglio trattarli come un nuovo media. Non credo che si dovrebbe trattare un film di moda solo come un’estensione di un editoriale pubblicato, o che l’editoriale debba essere preso dal film…A volte basta saper usare il mezzo in modo diverso. Anche in questo caso, sono le sfide davanti alle quali ti trovi nel dovere usare un mezzo differente, il lato interessante. Con la fotocamera Red alta qualità di ripresa digitale è diventato accessibile. I primi clip che ho prodotto per Raf Simons e Another Magazine o Love, sono stati fatti con iMovie. Ho girato, ho classificato, ho modificato, messo la musica. E ‘stato molto interessante dover imparare e capire un nuovo mezzo per trovare quello che mi piaceva. Stavo lavorando intorno a una sorta di avanzamento veloce, lasso di tempo, isterico stile di montaggio. Si dovrebbe trattare come un mondo a sé. Anche se si ha solo un minuto di tempo, si dovrebbe cercare di dare una sensazione, un’emozione per qualcosa che non è solo la cintura o la cravatta o la camicia o il tacco alto della scarpa. Credo che si dovrebbe ancora una volta, cercare di sedurre lo spettatore con un’emozione. E’ troppo bello come mezzo per non farci qualcosa emotivo . Penso che qualcosa senza un’emozione non ha un significato. Grazie mille per questo sentimento. Penso che sia fonte di ispirazione sapere che l’emozione è ciò che guida il tuo immaginario. Cosa vorresti che rimanesse come tua eredità? Ooooooh (ride).
E ‘una domanda piuttosto impegnativa, che so, vorrei lasciare una serie di immagini che ha detto qualcosa sul periodo che ho vissuto . Ecco, questo.
Nel servizio: Replay, Black Believe, American Vintage, Franklin Marshall, G-Star Raw, Stone Island, Blauer, New England, Leitmotiv, Department Five, Bark, CP Company.
Photo Davide Vagni
Style MariaGrazia Pase
Models : Dominik Kuta Aldo Hugo Jamie Bruno @2morrowmodel
Fotografata da Jurgen Teller, Joan Didion è il volto che Cèline, ha voluto per la campagna pubblicitaria della prossima estate. Non una acerba adolescente, una top, o l’ultima scoperta del fashion system, ma un nome della letteratura americana scelto con intelligente non conformità e sapiente valutazione dell’impatto mediatico. Copywriter per Vogue agli inizi degli anni 60, Joan Didion, scrittrice, giornalista, sceneggiatrice cinematografica, minimal nello stile letterario e personale, è un’icona di stile e una testimonial d’eccellenza per un brand che ha nell’essenzialità la sua forza e lancia una sfida al richiamo della personalità che annulla per carisma, una scontata quanto insipida ostentazione della vanità, e riconosce un valore che il tempo non scalfisce, quello dell’eleganza.
Nel servizio: Byblos, Ilaria Nistri, Massimo Rebecchi, Alberto Biani, G-Star Raw, Leitmotiv, Dondup, Paul Smith, Mauro Grufoni, Blauer, Ter Et Bantine, Drome, Quatttrocento, Carla Perretti.
FASHION thank’s to: TIMIDEZZA Paul Smith Black INDIFFERENZA Lo Specchio di Alice IRA P.A.R.O.S.H. TRASGRESSIONE Moschino Cheap and Chic SEDUZIONE Alberto Biani.
BEAUTY thank’s to: YVES SAINT LAURENT. NARS. ARMANI. DIOR. SMASHBOX . CHANEL . SHU UEMURA
Dalia Colli, truccatrice cinematografica, vincitrice del David di Donatello l’anno scorso per Reality, di Matteo Garrone, con il quale aveva già lavorato in Gomorra, e nella rosa delle nomination di quest’anno con La mafia uccide solo d’estate, di Pif. L’ultimo lavoro è il nuovo film di Francesca Archibugi, girato durante l’estate. Dalia sprizza un’energia contagiosa, è mamma di una bambina di 4 anni e ama il suo mestiere. Dice che quando le tocca lasciare sua figlia per il set rimpiange di non avere scelto di fare l’insegnante. Ma io non ci credo.
MM: Dalia, c’è un film in particolare, che ti ha dato molta soddisfazione sotto il profilo professionale ?
D: un film che mi ha dato soddisfazione a livello professionale e che mi ha dato la possibilità di dare sfogo alla mia creatività è stato I padroni di casa di Edoardo Gabbriellini, dove ho fatto saltare un pollice e la gola al buon Elio Germano. Mi sono divertita a creare le protesi e a imbrattare tutto di sangue zuccherino!!
MM: cosa è più stimolante per te: illuminare un volto, trasformarlo nelle differenti età della vita, o creare effetti speciali?
D: rendere il volto di una donna o di un uomo, più “bello” di quel che è correggendo le imperfezioni, dà al mio lavoro quell’aspetto altruistico che amo avere nei confronti dell’essere umano, attore o comparsa che sia, che si siede sulla mia poltrona (sempre più spesso semplice sedia). Se vedo che le persone sono contente e si piacciono di più, ne gioisco anche io. Se devo creare la trasformazione dell’attore nel personaggio è molto più impegnativo ma mi diverte moltissimo. Invecchiamenti, mostri, morti truculente rendono il mio lavoro quasi un gioco che ironizza un po’ sulla realtà. Amo anche quelle sfumature del trucco che riescono a cambiare l’aspetto ma senza esagerazione, con piccoli interventi ma mirati.
MM: quando vai al cinema riesci a “staccarti ” dal tuo lavoro o l’occhio ti cade sempre su quello che avresti o non avresti fatto tu ?
D: amo molto andare al cinema e cerco sempre di godermi il più possibile quella magia che è il racconto filmico. Succede però, specialmente se vado a vedere un film dove appare il mio nome, che la mia attenzione si focalizzi sullo scovare i difetti che mi aiutano a capire come comportarmi in un’altra occasione. Del resto si impara sbagliando e vi assicuro che non si finisce mai e poi mai di imparare. MM: hai un’icona di riferimento, un “cult ” che ti sarebbe piaciuto fare ?
D: sicuramente il cult, anzi, i cult che avrei voluto fare sono quelli di Tarantino. Da ” Dal tramonto all’alba” dove è sceneggiatore, a “Bastardi senza gloria” non ne avrei saltato uno!
MM: quale percorso accademico consiglieresti a chi vuole fare il truccatore nel cinema?
D: dare consigli è un po’ pretenzioso, preferisco dare suggerimenti. Personalmente se tornassi indietro rifarei tutte le scelte che ho fatto, malgrado sia stato ben duro arrivare fin qui. Ho avuto veramente grandi avventure in giro per lavoro e ogni volta che ne aggiungo una è un po’ come avere vissuto di più. Adesso che sono mamma e devo lasciare mia figlia a casa a volte rimpiango di non aver fatto l’insegnante!
MM: ci sono persone che darebbero una costola per stare per ore a contatto con certi attori. Ti è mai capitato di sentirti molto affascinata?
D: adoro quegli attori che entrano in scena e danno vita ad una magia, che anche se è l’ottavo ciak mi fanno commuovere di nuovo o perchè si sono inventati una piccola smorfia che mi fa scoppiare a ridere. Questi mi danno fascinazione, belli o brutti che siano.
MM: il truccatore è un lavoro molto delicato, nelle tue mani, insieme alle luci del direttore della fotografia e tutto il resto, naturalmente, c’è la “resa” e il carattere di un personaggio, cosa che un attore sa bene. E’ inevitabile che possa esserci qualche timore .. ti capita di accogliere incertezze, rassicurare e a volte dare consigli?
D: gli attori, che prima di essere tali sono esseri umani, come tutti noi hanno delle insicurezze, magari dovute alla difficoltà della scena, alla stanchezza, al pensiero del proprio aspetto sul mega schermo. La figura professionale del truccatore deve servire, più di altre, a rassicurare e dare fiducia in loro stessi e nel tecnico che li cura. A volte sono come i bambini e, come ai bambini, gli si perdonano un po’ di cose.
MM: soffri di deformazione professionale ? Ti capita di immaginare come potrebbe essere trasformata la donna che è di fronte a te in metropolitana?
D: mi capita spesso di osservare la gente per strada e anche di fotografarla sempre chiedendo il permesso. Mi serve per utilizzare la realtà nella sua messa in scena.
MM: si pensa sempre che una donna che fa il tuo lavoro abbia un potenziale pazzesco da usare quando hai avuto una giornata schifosa, sei sfinita e le occhiaie sono in perfetta armonia con un colorito che farebbe invidia a Morticia ed è proprio la sera in cui hai un’invito a cena che aspettavi da mezzo secolo.. usi questo potenziale e operi su di te la magia o quando non lavori chiudi la valigia e non se ne parla fino al prossimo film?
D: sinceramente non mi trucco molto. Però mi piace qualche volta perderci dieci minuti per essere più carina. Uso sempre la stessa matita di fortuna il mascara e via!…
MM: se non facessi il lavoro che fai, cosa ti sarebbe piaciuto fare?D: mi sarebbe piaciuto fare la “pittrice famosa”… ! Poi però ho razionalizzato e ho optato per il trucco.
MM: che tipo di prodotti usi ? Ti affidi ad una marca di cosmesi in particolare o ne usi diverse secondo i tipi di pelle ?
D: i materiali che uso sono tutti professionali e non si trovano nelle comuni profumerie o franchising di prodotti estetici. Spesso devo ordinarli all’estero e non sempre è facile. Usando l’aerografo devo optare per fondotinta liquidi, ma mi capita anche di affidarmi ad ottime marche cosmetiche, come nel film di Francesca Archibugi “ Il nome del figlio” dove ho usato solo prodotti Sisley.
Alcuni dei prodotti Sisley usati da Dalia nel film di Francesca Archibugi ” Il nome del figlio “.
Phyto-Teint Expert è un fondotinta fluido dell’effetto levigante, uniformante e dalla texture morbida e setosa che garantisce la purezza del colore per 12 ore. Arricchito di estratti di origine naturale (Fiore di Fragipane, Cetriolo, Ginkgo biloba) addolcisce e idrata la pelle. Phyto-Lip Twist , balsamo labbra a base di attivi vegetali colora come un rossetto ed è lucido come un gloss. Nutre le labbra, le ridensifica e non si tempera. L’Orchidée blush illuminante al giglio bianco è stato studiato per esaltare il viso con un mix di 3 tinte leggermente perlate.
Di Edland Man abbiamo pubblicato due servizi di moda scattati a Milano, uno ambientato al salone del mobile negli spazi dedicati a giovani artisti della scuola del nord europa, e uno nel cuore dell’Expo, la Piazza Gae Aulenti, all’ombra dei grattacieli che hanno ridisegnato lo skyline della città. Edland è unartista poliedrico che definisce se stesso image maker o creative director, fotografo o illustratore della realtà. Un narratore visivo, che reagisce sul presente, e si sviluppa con le sue idee future.
Ed è della sua passione di illustratore che oggi parliamo. “The Shadow of your Smile” è l’ultima di una serie di opere d’arte di Edland Man. Il fil rouge sono le riflessioni sulle transizioni temporali. In “Yesterday Papers “ i tagli nella carta, quasi crudeli, mettevano in risalto una vulnerabile, giovane nudità, “ Pagine Strappate “ sono una serie di ritratti della ex modella Sabrina Querci nella sua maturità, e infine una serie dedicata ad un Gaultier d’annata metteva in risalto il cambiamento conservatore dei tempi.
In questo suo ultimo lavoro, “The Shadow of your Smile”, l’artistalavora con lo stesso linguaggio tecnico ma senza avvalersi della fotografia come base di partenza e mostra una visione più positiva sul futuro, lasciando gli aspetti critici e nostalgici e lavorando con l’ausilio delle nuove tecniche digitali come strumenti creativi. In queste opere, costruite con pezzi di carta strappati dalla carta stampata, l’artista lancia un messaggio sulla fine di un’era e la sua interazione con i nuovi mezzi di comunicazione e torna, chiudendo il suo cerchio immaginario, al discorso di transizione e trasformazione, rielaborando opere commissionate tra il 1985- 1988 dalla rivista Vanity fondata da Anna Piaggi e altre pubblicazioni Condè Nast, da Vogue a Lei / Lui nel decennio ottanta.
Nei cinema dal 23 ottobre Il SALE DELLA TERRA , docufilm sull’esperienza umana e artistica di Sebastiao Salgado . Premio speciale Un Certain Regard al festival di Cannes 2014 e Premio del Pubblico al festival di San Sebàstian, il film co-diretto da Wim Wenders e dal figlio Juliano Ribeiro Salgado, è il racconto di una testimonianza viva, esteticamente e umanamente magnifica, di un’anima, prima che di un’artista. Le sue immagini in bianco e nero, di una potenza deflagrante, raccontano le storie della parte nascosta del mondo, e dai reportages di una vita in viaggio per necessità di occhi e di racconto, informano, provocano, emozionano, attraversano gli spazi temporali e arrivano dirompenti e sublimi, a renderci non solo spettatori, ma esseri umani, abitanti di un pianeta di una bellezza struggente e agonizzante. I genocidi africani, con i cadaveri accatastati del Rwanda, l’esodo e la sofferenza dei popoli sconvolti dalle guerre, i pozzi di petrolio incendiati nella Guerra del Golfo, i mestieri dei più umili, degli sfruttati, il mondo industriale dismesso, alternano la sua storia personale e le riflessioni del e sul suo mestiere di fotografo, con foto, home movie e ricordi del figlio Juliano con un padre sempre altrove, a cogliere il respiro della terra nei deserti dell’africa, nei ghiacciai dell’Antartide e o nelle foreste dell’Amazzonia, del Congo, della Nuova Guinea, e a denunciare gli effetti dell’uomo sul pianeta. Completa l’opera il genio di Wenders che converte le immagini in cinema con il suo straordinario sguardo.
Arte e cinema. Due mondi che sempre più si fondono e si completano nella diversità di linguaggio, attraverso la condivisione di immagini dell’era digitale.
Al Pac di Milano, Glitch, la mostra curata da Davide Giannella, esplora attraverso tre diverse aree la definizione di Art Cinema con opere realizzate da 50 artisti italiani negli ultimi quindici anni.
Glitch è il termine usato nel linguaggio dell’elettronica per un’interferenza imprevista, una distorsione durante una riproduzione audio o video che poi si stabilizza, un momento inatteso come le opere di questa mostra che, tra cinema e trame dell’arte recente, danno vita a nuove forme di espressionismo. Per esplorare questo universo la mostra parte dall’idea di storytelling, di rifrazione tra narrativa lineare e non lineare, tra verità e finzione, ma anche l’idea di ricerca attorno all’atto di guardare e di montare storie.
Ampissimo il percorso espositivo . 64 film di artisti dell’arte contemporanea o appartenenti all’ampia categoria del cinema sperimentale, suddivisi in due programmi proiettati a giorni alterni e raccolti per serie e temi , installazioni con opere che instaurano relazioni con il linguaggio e l’immaginario cinematografico e approfondimenti con performance come dispositivi dal vivo di immagini in movimento che creano relazioni con elementi specifici del cinema, insieme a proiezioni monografiche dedicate a singoli autori.
GLITCH – “Interferenze tra arte e cinema”
Pac -Padiglione d’Arte Contemporanea
11 Ottobre 2014 – 06 Gennaio 2015
Sono stati più di 300 i fashion film inviati da giovani talenti di tutto il mondo per entrare in concorso al primo Fashion Film Festival Milano, e 30 i selezionati per la rassegna. Un evento nato dalla necessità e dalla voglia di condividere diversi punti di vista, codici estetici, narrativi e stilistici. Un punto d’incontro per stilisti, videomaker, registi, artisti, fotografi, agenzie creative, insomma, per tutti quelli che amano l’arte e la bellezza.
In un mondo dove l’immagine digitale è sempre più importante e presente, i Fashion Film sono uno degli specchi della cultura del nostro tempo e Fashion Film Festival Milano è la loro piattaforma d’esposizione. A trionfare su tutti “The purgatory of monotony” By Ace Norton che si è aggiudicato tre premi . Il riconoscimento è stato consegnato alla fashion designer Rei Yamagata dell’omonimo marchio.
BEST MUSIC: “Play to win, a pingpong battle” di Roberto Delvoi – consegnato da Saturnino
BEST EDITING: “Escandalo: A cruise” di Dean Alexander.- consegnato da Beniamino Saibene
BEST ART DIRECTION: “The purgatory of monotony” di Ace Norton – consegnato da Macs Iotti
BEST STYLING: “Noir” di Marie Schouller – consegnato da Daniela Ciancio
BEST EMERGING DESIGNER: “Agi & Sam” di Edward Housden – consegnato da Franca Sozzani
BEST NEW TALENT DIRECTOR: “The purgatory of monotony” di Ace Norton – consegnato da Claudia Donaldson
BEST YOUNG AND ESTABLISHED DIRECTOR: “The Wall” di Dominick Sheldon – consegnato da Jeff Berk
BEST ITALIAN FASHION FILM: “Leakage” di Giulia Achenza – consegnato da Jane Reeve
BEST FASHION FILM: “The purgatory of monotony” di Ace Norton – consegnato da Constanza Cavalli Etro
Dal 17 al 22, in occasione ed in concomitanza della settimana della moda di Milano, presso il FASHION HUB della Camera Nazionale della Moda Italiana – Palazzo Giureconsulti, via Mercanti 2 – avrà luogo il “Fashion Film Festival Milano Maraton”.
I video dei vincitori sono visibili sul sito ufficiale del festival www.fffmilano.com
Il Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano ha aperto il bando di selezione per l’ammissione di 16 giovani talenti al corso di Cinema d’Impresa per futuri Autori e Produttori nel campo della regia e della produzione del Documentario e della Pubblicità. Profili professionali in grado di seguire le richieste di una committenza, dal brief iniziale alla consegna del film finito. Professionisti della comunicazione visiva, realizzatori di progetti attenti alla sinergia tra efficacia e creatività, imprese pubbliche e private, attraverso un percorso di interazione tra l’aspetto tecnico-scientifico e quello artistico-umanistico. Il bando chiude l’8 ottobre. Tutte le info sul sito della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale di Cinema.
Da domani nelle sale ALL IS BY MY SIDE, film su Jimi Hendrix. Più che un biografia, è un cercare di guardare dentro e oltre al mito, il racconto di un viaggio interiore attraverso la musica, vero e unico tutto di Jimi, veicolo trasversale di umori violenti e poetici, politici e umanistici fuori da ogni dogma.
Non è tanto il ritratto pubblico di Hendrix attraverso un anno cruciale della sua vita che John Ridley vuole raccontare, ma la cifra del suo doppio interiore, una carica di energia, di ideali, di creatività e libertà che descrive un periodo – consacrato alla storia non solo dal rock , che ne è stato il mezzo e l’espressione – che è stato uno delle migliori performance dell’umanità.
Si è concluso con le premiazioni delle numerose opere in concorso il 19° Milano Film Festival, percorso internazionale di cinema indipendente, con i vincitori delle tante sezioni che hanno emozionato ed appassionato per 10 giorni un pubblico sempre crescente di cinephiles e spettatori alla ricerca di nuovi linguaggi cinematografici, con un Ex-aequo per il miglior lungometraggio a: PLEMYA (THE TRIBE) di Myroslav Slaboshpytskiy / Ucraina
e NAVAJAZO di Ricardo Silva / Messico, Francia.
Menzione Speciale a KT GORIQUE e PASCAL TESSAUD per BROOKLIN.
E gli altri premi, non meno importanti, che riportiamo con la motivazione delle giurie
Per il concorso cortometraggi vince SMILE, AND WORLD WILL SMILE BACK di Famiglia Al-Haddad / Yoav Gross / Ehab Tarabieh Per la rappresentazione urgente e dignitosa della situazione in Cisgiordania, così come viene vissuta dai Palestinesi comuni, oltre la retorica dei politici e dei media internazionali, e per la dimostrazione potente del modo in cui il cinema può modulare le situazioni della vita reale con economia e generosità.
Menzione Speciale a XENOS di Mahdi Fleifel / UK, Grecia, Danimarca Per il ritratto intenso e allo stesso tempo riservato della realtà della vita quotidiana di un rifugiato ad Atene, e degli effetti della crisi finanziaria, politica e sociale greca sui più vulnerabili.
Premio Aprile
COMANDANTE di Enrico Maisto / Italia Un documentario intimo e privato che sa essere pubblico e politico, dove l’indagine su un’amicizia dei padri diventa una riflessione su ferite ancora vive nella memoria di Milano e del paese.
Menzione Speciale a
GRAND CANAL di Johnny Ma / Cina. La forza internazionale del cinema nel mostrare un affetto paterno indimenticabile.
SMILE AND WORLD WILL SMILE BACK di Ehab Tarabieh, Yoav Gross, al-Haddad Family / Israele, Territori Palestinesi Testimonianza urgente di una resistenza civile e politica, raccolta dalle vittime in diretta, e capace di condensare il potere simbolico di un conflitto del presente.
Premio del Pubblico – Lungometraggio
COME TO MY VOICE diHüseyin Karabey / Turchia, Germania, Francia
Premio del Pubblico – Cortometraggio
ESA MUSICA di Dario Vejarano
Premio Staff Milano Film Festival
SOLO REX di Francois Bierry / Belgio Per la dolcezza con la quale è narrato un romanzo picaresco, l’amicizia tra due soggetti diversi e il reciproco raggiungimento dell’apertura alla vita e della maturità. Per il surreale e il grottesco, agiti in campo a definire una commedia di formazione ottimamente performata dal punto di vista attoriale e cinematografico. Per la riflessione sui difetti e su quanto non sono altro che caratteristiche. Per la rappresentazione dell’eroe postmoderno, con la motosega al posto della spada ma sempre in sella al suo cavallo, paladino della comprensione tra i mondi perché rimasto tutore dell’andato, il Mago Merlino che guida il suo Semola, un ibrido tra Jason X e Bukowski ma in forma cowboy. Divertente e di perfetta tenuta come molto del cinema belga contemporaneo.
Premio Miglior Animazione
SUPERVENUS di Frédéric Doazan / Francia Per la capacità di sintesi, con cui, in pochi minuti vengono mostrate le contraddizioni e le crudeltà del nostro moderno canone estetico, per l’intelligenza e la leggerezza con cui la critica si riesce a trasformare in satira ironica
Parte oggi la 19° edizione del Milano Film Festival, appuntamento imperdibile per gli appassionati di cinema. Saranno circa 200 le opere presentate nelle varie sezioni del MFF, e difficilmente distribuite nei normali circuiti , tra i quali dieci lungometraggi e 58 corti nei rispettivi concorsi. C’è poi la sezione Outsider, con 14 film, dove compare anche l’ultimo Resnais: Aimer, boire et chanter, e la passione civile delle opere della sezione Colpe di Stato, e non “solo”, inclusi nel già ampio panorama i focus Hecho en Mexico e Esperimento Europa, l’arte nel cinema di Vernixage, i video musicali di VideoEspanso e l’Animazione, dove spicca la poetica di Jan Svankmajer. Incontri come quello tenuto da Eric Gobetti e Roberto Merlo sull’ area geopolitica dei Balcani prima della proiezione di “Le ponts de Sarajevo”, film a episodi sul ruolo di Sarajevo nella storia, e masterclass, come quello con Eugene Jarecki, documentarista politico. E’ presente anche la Civica Scuola di Cinema, con un progetto di 5 spot contro lo spreco alimentare, mentre Are You Series, la sezione dedicata alle web story, continua il suo percorso iniziato da MFF con il concorso concluso con la serie vincitrice Status, sul mondo del no profit. C’è molta energia, molto impegno civile, politico, poetico, umanistico, in questi 10 giorni milanesi come adozione e internazionali come mood e presenze. Ci sono giovani talenti provenienti da ogni parte di mondo, venuti a presentare opere prime o seconde, autori di corti rigorosamente sotto ai quaranta, tutti a testimoniare quanto il cinema è vita, emozione, passione, coesione, denuncia, poesia. Non manca la musica, naturalmente. Parklive al parco Sempione e in Piazza del Cannone tutti i giorni, free, dall’indie rock al dj set.
3 metri X 10 di colori acrilici e pop art nell’opera 69 Arhats Beneath the Bodhi Tree di Takashi Murakami, attualmente considerato il più importante artista giapponese.Una festa per gli occhi, un invito a perdersi dentro a un tripudio di colori, di luccichii e di personaggi da scoprire uno dopo l’altro seguendo, dentro ad una favola visiva stupefacente popolata di monaci, serpenti, elefanti, draghi, spiritelli, il racconto del viaggio degli “Arhat”, che affrontano il declino e la morte, in cui mostri demoniaci e monaci decrepiti in tonache e paramenti tradizionali vagano percorrendo paesaggi psichedelici. Tutto questo è in mostra, per la prima volta in Italia, nella Sala delle Cariatidi del Palazzo Reale di Milano, bruciato durante la guerra e successivamente andato in rovina, che in questo contesto si rende fortemente simbolico: questa è un’esposizione dove i protagonisti sono dei monaci che vogliono aiutare gli uomini ad andare avanti nelle avversità e l’opera di Murakami, tra pop e fumetto, è metafora di questo messaggio.
Solo gli amanti sopravvivono. Nel titolo c’è tutto il bellissimo, ultimo film di Jim Jarmush, in uscita domani in Italia a distanza di un anno dalla presentazione al festival di Cannes. In Adam ed Eve, i due vampiri splendidamente interpretati da Tom Hiddleston e Tilda Swinton, c’è tutta la passione per la vita e l’espressione della sua bellezza nelle arti, nella letteratura, nella musica, nell’amore. Sono colti e affascinanti, dolenti per un’umanità che ha perso se stessa e vive esistenze avvilenti. Nella penombra della bella fotografia di Yorik Le Saux, c’è tutta la luce di un amore intenso, superiore. Sono esseri non più umani ma molto più umani di quelli che loro chiamano “zombie”, che hanno dimenticato i sentimenti, che distruggono il pianeta che li ospita facendo del progresso profitto, e che non prendendosi cura della cultura, perdono consapevolezza, dignità, storia, e tutto ciò che il passato può lasciare in eredità al presente e al futuro. Adam ed Eve, nomi scelti non a caso, continueranno a vivere prendendosi cura della bellezza e dell’amore, esteso ad ogni cosa, oltre il decadimento, perché è la bellezza che salverà il mondo.
Sono ormai un cult le Limited Edition 1800 Tequila della Proximo Spirits arrivate quest’anno alla sesta edizione, dedicata al genio di Jean Michel Basquiat. Ogni anno il progetto viene affidato a giovani artisti o affermate star della scena internazionale pop o street come Gary Baseman o Tara Mc Pherson per la gioia dei collezionisti. Il costo di una bottiglia è accessibile, 50 dollari, ma se non siete in territorio USA potete solo sperare sui siti specializzati.
Milano, week design. Una settimana di intensa movida, un clima friendly, curioso, internazionale e molto divertente. Le foto di questo servizio le abbiamo scattate a Lambrate Ventura, nel distretto industriale che ospita idee alternative di giovani designers, come quelle di BACK STAGE ON STAGE degli studenti della Royal Academy of Art ,The Hague.
PHOTOGRAPHER AMILCARE INCALZA RENDERING GIUSEPPE PASTORELLI per INSIDE GROUP FASHION EDITOR MARIAGRAZIA PASE MODEL OLGA PYATCHENKO@ELITE MAKE UP & HAIR FRANCESCA ANGELONE @ MKS – MILANO using Nars CASTING & PRODUCTION ANTONELLA.MONTAGNANI@GMAIL.COM STUDIO LOCATION PIETRASANTA